Il fatto: Alfredo Meocci il 5 agosto 2005 fu nominato dg al posto di Flavio Cattaneo. Meocci, giornalista ex caposervizio del Tg1 in aspettativa, prestato alla politica, amico personale di Silvio Berlusconi, aveva ricoperto fino a quattro mesi prima il ruolo di consigliere dell’Agcom (Autorità Garante per le comunicazioni). Per la legge 481 del 1995 sarebbero dovuti trascorrere quattro anni prima che Meocci potesse intrattenere rapporti con le imprese operanti nel settore di competenza dell’Autorità garante. Morale: Meocci diventò direttore generale, l’Authority condannò la Rai al pagamento di un’ammenda di oltre 14 milioni di euro.
Il 15 giugno 2007 il giudice Rossi accolse la richiesta di rinvio a giudizio dei cinque consiglieri, presentata dal pm D’Ippolito per “abuso d’ufficio continuato e aggravato”. Infine la Corte dei Conti, il 12 settembre 2007, emise una richiesta di procedimento nei confronti dei soliti cinque, dell’Ufficio Legale Rai, del ministro Siniscalco e di alcuni suoi dirigenti, di due funzionari della Siae, per aver creato, nominando l’incompatibile Meocci, un danno enorme che aveva minato l’immagine della Rai “apparsa in pubblico in completa soggezione a volontà esterne”, con un risarcimento erariale determinato dai soldi che la tv di Stato aveva investito nel 2005-2006 (periodo del giallo Meocci): 35 milioni di euro da sommarsi ai 14 e rotti già pagati dalla Rai, di cui il 50% a carico dei cinque consiglieri.
La [Cassazione, ora,] afferma che i consiglieri di amministrazione possono essere chiamati a rispondere personalmente, davanti alla Corte dei Conti, del danno erariale causato dal loro operato. Questo vale anche per i dirigenti di viale Mazzini.
Loris Mazzetti sul Fatto.
E voglio proprio vedere quando andranno a prenderglieli i soldi ai fantastici cinque.