13.10.12

The King




"La tesi di fondo dell’Avvocatura ricorrente è che la norma dell’art. 90 Cost., prevedendo in favore del Presidente la irresponsabilità per gli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni (con la sola eccezione dei reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione) configurerebbe per lo stesso un regime globale di immunità, anche penale, con la conseguenza di rendere illegittima in sé qualsiasi forma di ascolto delle conversazioni, di registrazione delle stesse, ed a maggior ragione di valutazione ed utilizzazione processuale.
Tale tesi deriva dall’assunto che la norma dell’art. 90 Cost. non sarebbe limitativa e circoscrittiva della irresponsabilità presidenziale, ma a sua volta costituirebbe espressione particolare di un principio generale di assolutà immunità del Presidente nei confronti della legge penale, con la sola eccezione dei due reati di cui si è detto, estranei comunque alla ordinaria giurisdizione penale.
Per effetto di tale principio, assertivamente immanente nella Costituzione (ma non espresso in regole scritte) il Presidente della Repubblica sarebbe esente dalle regole ordinarie della legge penale sostanziale e processuale, con la conseguenza che, nei suoi confronti – in applicazione della generale immunità – varrebbe l’esigenza di generale salvaguardia delle riservatezza delle comunicazioni.
[…] Un’immunità assoluta potrebbe essere ipotizzata per il Presidente della Repubblica solo se, contraddicendo i principi dello stato democratico-costituzionale, gli si riconoscesse una totale irresponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali.
Una simile irresponsabilità finirebbe invece per coincidere con la qualifica di “inviolabile”, che caratterizza il Sovrano nelle monarchie ancorché limitate: una inviolabilità che – tenuta distinta dalla inviolabilità garantita dallo Statuto e dalle leggi a tutti i cittadini – implicava una totale immunità dalla legge penale, nonché dal diritto privato quanto a particolar rapporti."

Dalla memoria di costituzione della Procura di Palermo nel giudizio di legittimità promosso da Napolitano. 

7.10.12

No, perché

Non lo so. Andare in prigione, non penso sia una cosa da niente. Soprattutto sapendo come sono messe le carceri in Italia: praticamente dei campi di concentramento. E a nessuno, a parte i discorsi, gliene frega mai niente. Se però in galera ci deve andare il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, si è visto cosa succede. Non si possono carcerare le opinioni. No ai giornalisti dietro le sbarre. Stato staliniano. Riforme subito. Decreti d'urgenza. Saving private Sallusti. Adesso io tutta la vicenda che c'era dietro non la sapevo bene, anche perché al solito nessun mezzo "di informazione" ti fa mai capire le cose per bene dall'inizio alla fine, si va sempre sull'emotivo anonimo. Comunque. Poi alcuni validi collaboratori della Redazione hanno messo a disposizione la sentenza di appello. Quella che ha inflitto la pena del carcere, poi confermata dalla Cassazione. Per chi ha dieci minuti è una lettura edificante e la si può trovare QUI. Una volta letta, sfido chiunque a sostenere onestamente che Sallusti è una vittima che non deve andare in carcere. Perché allora, se non viene inflitta una pena severa, anche durissima, al direttore di una testata che diffonde scientemente e reiteratamente informazioni false, che gettano discredito sull'onorabilità e sul buon nome ora di questo ora di quel personaggio (si ricordino tutte le campagne della stagione della "macchina del fango", dietro cui si potrebbe anche scorgere la sagoma di qualche padre padrone a manovrare le pedine, ma adesso non cediamo alla teoria del complotto); e allora non so chi ci deve andare, in galera. Ci deve andare il ragazzino per una busta di erba? La zingara per furto di mozzarella al supermercato? In compenso il fatto che da più parti ci sia stato un unanime moto di solidarietà, come un sol uomo, a favore di Sallusti l'oppresso, l'agnello sacrificale, la dice lunga sul grado di condizionamento e sul potere che l'ex proprietario del Giornale è ancora in grado di esercitare, anche nella sua fase che ci ripetiamo da mesi calante, morente, agli sgoccioli, il crepuscolo. A me più di tanto non pare.

OSSERVATORIO COMIC SANS

OSSERVATORIO COMIC SANS
Se lo conosci.

A proposito di Thom Yorke


Dall'inizio di marzo e ancora adesso a dicembre - come se fosse un'immagine polmone, un modo per rifiatare - continuo a guardare il video di Lotus Flower dei Radiohead, Thom Yorke in bianco e nero come un Charlie Chaplin contemporaneo che ha perso la giacca ma ha conservato la bombetta, una marionetta mobile e snodabile, sciamanica, instabile, un occhio aperto e uno chiuso, il corpo ebefrenico e poi di colpo inerte, groggy e minerale, una statuetta animata con la barba di una settimana e le braccia che brancolano ritagliando lo spazio e reinventandolo, rendendolo vitale.
Thom Yorke, penso caricando per l'ennesima volta consecutiva il video su YouTube, è molto più di un compositore-cantante: è il ricordo vivente di una selvatichezza che resta nonostatnte tutto smaniosa di esistere, patologia organica che si è fatta coreografia, un'iguana sottile che scorre dentro la vita rettile, il geroglifico di un corpo umano immerso nel post-umano: uno Charlot in rivolta, senza monello e senza sentiero che si perde all'orizzonte da poter percorrere mano nella mano con Paulette Goddard alla fine del film, perché non c'è più Paulette Goddard, non c'è il sentero, non c'è il finale e non c'è neanche il filme, dunque a Charlot tocca stare da solo in uno spazio nero, sullo sfondo i frammenti di un hangar, non si capisce se una struttura industriale dismessa o il dietro le quinte di un teatro di lamiera, nei versi della canzone - I will shink and I will dispappear | I will slip into the groove and cut me off - un desiderio di scomparsa.
L'umano ai tempi dei Radiohead è un astronautoa in maniche di chamici aibanca sospeso nel nero sideralle dell'amore che scompare.
Giorgio Vasta (a cura di), Presente, Einaudi To 2012, pp. 272-273. 

La classe digerente


Nicola Magrin - In cammino, 2011
Bo.

Che poi a volte me lo domando cosa l'ho aperto a fare un blog opinionistico.Che tante cose non lo so neanche io, cosa penso. E non mi interessa. Avere un'opinione.

In tutto quello che succede in questi mesi e giorni, in crescendo rossiniano, per esempio ormai anche uno dei personaggi più riusciti degli ultimi anni, l'ex capogruppo del Popolo della Libertà Franco Fiorito, non fa neanche più tanta impressione.

Parole

Colmare lo spazio pubblico di enunciati programmaticamente irrilevanti - di frasi cioè che non si propongono di essere descrittive informatie o critiche - delegittima il discorso sociale. La conseguenza ulteriore è quella di generare una complessiva desensibilizzazione: le parole sono caos e ornamento, polvere e passatempo. Non servono a nientee, sono solo un'escrezione casuale della bocca e della mano, sudore, cellule morte, tossine da espellere.
Distruggere l'ecosistema sociale ridicolizzando il linguaggio che di quell'ecosistema dovrebbe essere l'endoscheletro è un processo quotidiano al quale assistiamo e al quale rischiamo di prendere parte.
Mai, o solo raramente, ci colpisce.
Si è guadagnato una sua normalità.
Giorgio Vasta (a cura di), Presente, Einaudi To 2012, pp. 81-82.