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10.9.11

Com’è triste Venezia

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VENEZIA / A DUE VELOCITÀ

LE MOSTRE GEMELLE

Cinefili poveri da una parte, vip da lounge bar dall’altra: la vita da Festival non è la stessa per tutti

di Nanni Delbecchi (FQ)

Vale la pena di venire al Lido, e di arrivarci a piedi, non fosse che per vedere con i propri occhi ciò che a parole è indescrivibile non solo perché è inguardabile, ma soprattutto perché è inspiegabile. Prima di ogni palazzo, tappeto, o star (insomma, prima di tutto) ad accogliere il visitatore è una lunghissima transenna cieca, un mistero più fitto perché più ovvio, come in un racconto di Buzzati. Oltre il velo squarciato qua e là, alla fine appare un’enorme prateria di fogli e di sacchi di plastica bianca; un enigma nell’enigma che fa sospettare di essere finiti alla Biennale invece che alla Mostra del Cinema. Né Boltanski né Christo avrebbero saputo fare di meglio. Christo però è famoso per avere impacchettato i monumenti più celebri, qui il pacco ne nasconde un altro, il buco più costoso al mondo: “Qui giacciono 37 milioni di euro”, recita il manifesto mortuario affisso giovedì dagli occupatori del Teatro Valle in trasferta a Venezia.

IL CRATERE SCAVATO per gettare le fondamenta del Nuovo Palazzo del Cinema, abbandonato quando si è scoperto che sotto c’era una discarica di amianto, guarda tu i casi della vita, e allora impacchettato in fretta e furia, come se nulla fosse, come se fare finta di niente fosse il primo dovere di ogni festival. Si vive così, in gioiosa omertà, con il morto in casa e il bicchiere di prosecco in mano, circondati da questo ground zero che ci si è fatti con le proprie mani, e che è di gran lunga la cosa più cinematografica di queste autoipnosi collettive che sono diventati i Festival del cinema.

12.3.11

The Town

(Wrong part of)

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You are here.

E non è uno scherzo.

Se invece qualcuno capita qui per sentire qualcosa sul film di Ben Affleck omonimo, guardatelo solo se avete veramente una passione erotica per Ben Affleck, se no è una perdita di tempo.

24.10.10

Meno male che Silvio c’è

(Soldini)

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Cosa voglio di più non è una domanda, in questo film, e non è neanche un’affermazione in senso stretto e tradizionale del termine. È più un’ossessione tra l’interrogativo e la disperata constatazione di quello che non c’è, e non può esserci nelle vite normali, modeste, ordinate e settentrionali dei protagonisti.

Con questo che non si può non dire un capolavoro l’acclamato (da questo blog) Soldini passa dalla fiaba di Pane e Tulipani, alla realtà d’incubo disciolta in un finale aperto e fitto di speranze di Giorni e Nuvole, ad un verismo carico di un’angoscia imprecisata e quotidiana. Finalmente sullo schermo la vita reale degli italiani di oggi, tra lavori ripetitivi e di poche soddisfazioni, case piccole e angolose, bar con tavolini troppo pieni e troppo vicini, come le scadenze da pagare, le menate e le stanchezze. Su tutto, come in un epico affresco hemingwayano, chi ha, e passa leggiadro sulla vita, e chi non ha, e mastica amaro. Al terzo matrimonio del capo di Anna (truccatissima e impostatissima Rohrwacher) lo ieratico Domenico di Favino, che pure ha un principale in SUV che gli nega puntualmente qualsiasi anticipo sulla paga, chiosa con un mezzo ghigno “C’ha i soldi”.

Mezzo ghigno che vale più di mille parole, in questa declinazione contemporanea senza veli, galoppante fiera e sfrenata dell’Avere e non avere di tanti anni fa. E siamo qui. Al verismo cupo e sconcertante di una storia che vale soprattutto per quello che c’ha intorno, che fa vedere e non dice, e come fa vedere e non dice, e vale l’oro di sapere che ancora qualcuno in questo sventurata riserva di caccia per raccomandati e pseudopoliticanti c’è che sappia fare il suo mestiere.

Meno male.

26.9.10

E comunque

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Contro ogni logica, ogni precauzione, ogni previsione – due sere, due film italiani che si lascian guardare. Dico ieri e l’altroieri. Lo dico così, con tanta poca enfasi che quasi sembra che facevan cagare, che poi arrivano gli integralisti della situa che avendo equivocato tutto cercano di metterti in bocca giudizi non tuoi. Ogni riferimento. Comunque dei signori film: Solo un padre, con un sempre belloccio Argentero; e bello peso invece Il passato è una terra straniera, dove Elio Germano a parte essere di una figaggine assurda risulta, anche nelle cose più insignificanti, di una bravura da commozione (cerebrale). Oggi e sempre Forza Italia (cinematograficamente).


2.6.10

Vincere

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Vincere è un film veramente singolare. Mi spiace non aver più tempo. Ma forse è meglio. Comunque si tratta di un bel film, italiano, con Giovanna Mezzogiorno. E già si è nel paranormale. Non me ne voglia la Sig.ra o Sig.na Mezzogiorno che è bellissima donna e magari, anzi facciamo così, è bravissima, che se mi querela, è solo che storicamente a me non mi piace – e non facciamo polemiche inutili per una volta come tutti i recensori di sto mondo, che recensire non è censurare.

Insomma il punto è che noi che amiamo la storia, e forse siamo solo noi della direzione della redazione cinema di teofog, in questa anche documentata credo storia di Ida Dalser, e di suo figlio Benito Albino Mussolini, ci abbiamo visto una mirabile e poeticissima audace e strariuscita modulazione nel campo personale di vicende storiche di più ampio respiro, che, se non bastava l’aggettivazione a farlo capire, ci è piaciuta assai.

Poi che? Poi magari voi lo guardate e vi sembra una merda. Empiricamente è possibile. In particolare se non vi piace come recita Giovanna Mezzogiorno. Ma è un rischio che a nostro avviso va corso.

20.3.10

Un post a settimana posso anche farlo. Se non leggo il Fatto. Ma su cosa?

Non sulla manifestazione romana del PdL che mi cadono le braccia.

Non sulla Romana Chiesa che si autocritica e si autoassolve, celebra la fermezza e flagella la debolezza, tutto in uno, grazie alla guida illuminata di Joseph Ratzinger Il Buon Pastore, da non confondere con Joseph Ratzinger Il Segretario della Congregazione per questo e per quello, detta anche Santo Offizio, o più in breve Inquisizione, fonte della disposizione fondamentale nella strategia di sottrazione dei sacerdoti alla giurisdizione. Che poi mi faccio prendere e, oltre a venirmi i nervi, che domani mattina poi accenderò la tele e il palinsesto sarà diviso equamente tra messe e preti che arringano le casalinghe, e non mi ci vuole, proprio, di partire col dente avvelenato da stasera se no domani è un massacro, in più mi faccio trascinare in patetiche e sterili filippiche che non interessano a nessuno.

Non ci sto.

Parlo del Concerto.

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Una commedia. Che una bella commedia è più bella di un dramma, anche se un bel dramma, ma – si sa. E questa è una bella commedia. Manca poco al capolavoro.

Però più che raccontar la trama o altro, che la sanno tutti e chi no non la sa non la voleva sapere, che ultimamente si è anche affermata una idiosincrasia per me inspiegabile per ogni anche minimo accenno alle trame che probabilmente io non c’ho riflettuto ma è una fondata rivendicazione dei veri cinefili, quindi meglio non parlarne, vorrei spezzare una lancia e levare il mio garrulo canto di lode per chi ha curato i dialoghi e i doppiaggi, che han fatto un gran lavoro; e lo dico non sapendo l’originale, quindi anche un po’ a casaccio e forse a sproposito. 

Come unico post della settimana è venuto un po’ fiacco.

15.2.10

Più ci penso

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Più ci penso più son convinto che Thom Yorke per mettere la sua aulica aurea somma firma su quella brutta ostia di New Moon, l’avran riempito di soldi. Se no non si spiega.

24.1.10

Oltre ogni ragionevole dubbio

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Di fuor di dubbio, in questo che poi si chiama L’alibi perfetto, c’è solo che chi scrive recensioni, gli è mancato qualcosa sul piano affettivo; nell’infanzia. Quindi a parte quello che possiate leggere questo film, un sabato sera – è un buon intrattenimento.

20.1.10

Che tanto lo sapevo già

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Rapidamente con l’occhio vitreo del presciente ho dato un’occhiata a qualche recensione – risultato: dov’è l’Almodovar geniale e rutilante, quante mezze tinte e sentimenti opachi, va beh. Insomma.

Questo blog con tutta la forza dell’ignoranza e la iattanza dell’incultura vuole dire chiaro e tondo che un film non è bello se ci sono ottanta travoni che fanno cose insensate con una bellissima fotografia. No. Madri lesbiche, comi profondi, seminari cattolici? Va bene, sì, ma non basta. Uno che fa delle bellissime scenografie e con gusto raffinato mette gli attori in un'atmosfera screziata di colori onirici e luci romantiche è tutt’al più un passo avanti al bravo arredatore; non è un regista.

Perché un regista fa una cosa che è – lì è il difficile – insieme una storia e un’estetica, e un messaggio in quanto storia ed estetica, e tutte le possibili combinazioni e interdipendenze che si vuole tra significante significato codice mezzo messaggio, fate voi – non è un forum di traduzione intersemiotica questo.

Gli abbracci spezzati è un bel film. Racconta una storia. Non cade in eccessi e gratuità fastidiose che, anche se sembrano messe lì apposta per l’onanismo intellettuale di fatui critici di tutte le età e le latitudini e per solleticare il narcisismo intellettualoide di più o meno autorevoli e schizzinosi esperti, a parere di questo blog sono solo difetti. Non voluti. Falle. Errori. È bello, c’è Penelope Cruz, e si vede volentieri. Basta.

Sarà fiacco e convenzionale. Ma è il migliore di Almodovar, per me.

18.1.10

Foss’anche

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Anche avesse il difetto di cui cui al poster, Mélanie Laurent resterebbe e anzi resta una paladina, un modello, un totem e un idolo di questo blog per cruda e inconcussa venustà, e quindi fa capolino su questa pagina che parla di un film il cui difetto principale è proprio non avere una locandina con la foto sua. Ecco perché s’è messa quella di Bastardi senza gloria, su cui non vale la pena spendere parole essendo di Tarantino, neanche dei più brutti.

Forse è fiato sprecato anche quello su Parigi, a pensarci. Effettivamente.

6.12.09

Ieri ho visto Antichrist e non voglio parlarne

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Però che film. Che io con lo splatter non ho un bel rapporto e metà-tre quarti non li ho visti. Tanto è uguale. Ossessivo, sincero spietato o ruffiano e tiraculo che sia, per me resta geniale, e come tale lo riverisco. Tra l’altro io propendo più per il sincero che per il ruffiano, tranne l’ultima scena forse.

Pesante.

18.10.09

Basta che fai soldi

Poster Whatever Works - Basta che funzioni
Sia che lo guardi come Qualsiasi cosa (che) funzioni, sia che lo si guardi come Qualsiasi cosa funziona - cioè sia se per loro che l'han fatto bastava che funzionasse, o anche se pensavano che andava bene sicuramente a priori, per me se la potevano risparmiare, questa cosa; questa morte a Venezia fuori sede; quest'inno funebre pre-morte.
Che tristezza.

20.9.09

Bi lancio del sabato

1. L'umanità tra pochi anni arriverà alla scoperta scientifica più importante: le Hogan fanno schifo. Deve succedere.
2. Vedere Cinematografo di Gigi Marzullo fa passar la voglia di vedere i film. Tutti.