4.1.14
Domanda retorica
Ma va bene così.
14.8.13
Quirinal parto
di Marco Travaglio
In attesa che i luminari a ciò preposti, con lenti di ingrandimento e occhiali a raggi infrarossi, ci diano l’interpretazione autentica del Supermonito serale del presidente della Repubblica e dell’incunabolo che lo contiene, una cosa è chiara fin da subito: il fatto stesso che sia stato emesso già dimostra che Silvio Berlusconi non è un cittadino uguale agli altri. Mai, infatti, in tutta la storia repubblicana e pure monarchica, un capo dello Stato - re o presidente della Repubblica - era mai intervenuto su una condanna definitiva di Cassazione per pregare il neopregiudicato di restare fedele al governo, facendogli balenare in cambio la grazia e garantendogli che non finirà comunque in galera.
3.8.13
La caduta del Cavaliere oscuro
L’INGANNO
Le patetiche bugie dei frodatori di Stato
D& G e B sono evasori fiscali. Il secondo un pregiudicato; i primi due in attesa di diventarlo, condannati in 2 gradi di giudizio tributari e in primo grado penale. Eppure D & G sono “indignati” e B si fa vittima. Come ha detto Travaglio, la scomparsa dei fatti. Che però sono testardi. Il sistema di frode utilizzato da B è molto diffuso: tutti i giorni gente come lui è condannata per fatti analoghi; e nessuno si indigna o parla di complotti. Come questi, anche B racconta la stessa ridicola favola (che poi è sostenuta con molta serietà dagli avvocati): se costituisco una società con tanto di registrazione e timbri legali, se la utilizzo per acquistare merce da un fornitore e poi per rivenderla a me o a società da me controllate, tutto questo è perfettamente regolare. Il che è vero e non è vero.
di Bruno Tinti
7.10.12
Parole
Colmare lo spazio pubblico di enunciati programmaticamente irrilevanti - di frasi cioè che non si propongono di essere descrittive informatie o critiche - delegittima il discorso sociale. La conseguenza ulteriore è quella di generare una complessiva desensibilizzazione: le parole sono caos e ornamento, polvere e passatempo. Non servono a nientee, sono solo un'escrezione casuale della bocca e della mano, sudore, cellule morte, tossine da espellere.Giorgio Vasta (a cura di), Presente, Einaudi To 2012, pp. 81-82.
Distruggere l'ecosistema sociale ridicolizzando il linguaggio che di quell'ecosistema dovrebbe essere l'endoscheletro è un processo quotidiano al quale assistiamo e al quale rischiamo di prendere parte.
Mai, o solo raramente, ci colpisce.
Si è guadagnato una sua normalità.
18.6.11
Avete voluto la bici?
Difficile trovare le parole. Si può solo pensare ai cittadini che hanno votato per questa amministrazione, al vicesindaco, e cercare in fondo al cuore la simpatia e compassione umana che sembrerebbe di non avere. Per gli uni e per gli altri.
11.6.11
L’uomo della finzione tecnologica
di Marco Lillo – FQ, p. 9.
Non è stato un caso la presenza di Renato Brunetta ad Annozero. Proprio il ministro della Funzione pubblica, secondo quello che dicono i collaboratori di Silvio Berlusconi, potrebbe essere il cavallo sul quale punta il Cavaliere per sostituire Giulio Tremonti. Brunetta si è impegnato al massimo per non deludere il premier ma l’esito non è stato dei migliori. Inutilmente aggressivo, Brunetta è riuscito a trattare da fannulloni persino gli impiegati amministrativi del Palazzo di giustizia di Milano, i quali lo hanno serenamente ridicolizzato ricordandogli che non hanno nemmeno uno scanner e che un’ispezione ministeriale durata sei mesi ne aveva certificato l’efficienza fuori dal comune.
5.6.11
Disse il vicario di Dio, scapolo, vestito d’oro
Non bisogna avere timore - ha affermato - di impegnarsi per un'altra persona. Care famiglie, gioite per la paternità e la maternità. L'apertura alla vita è segno di apertura al futuro, di fiducia nel futuro.
In Croazia.
4.6.11
Telese e i numeri
Incombe una manovra da 10 milioni di euro (più 30 a settembre!).
Luca Telese, D’Alema e il richiamo della foresta, FQ, p. 1.
La manovra da 10 milioni di euro è un bello spauracchio, ma con una pesca di beneficienza ce la si può cavare. Già se sono dieci (più trenta, quaranta) miliardi; quelli sì fan male.
Referendum
Non solo sull’acqua
La Rai è lenta con chi irrita il Cavaliere , ma è efficiente e velocissima con chi è un suo amico: il triennale di Giuliano Ferrara per Qui Radio Londra, il programma di Vittorio Sgarbi, costato milioni di euro e chiuso il giorno dopo il debutto. La Rai sfianca i suoi gioielli e li spinge verso l'uscita, gioca al ribasso, sempre di più, sino a snervarli. Ma la Rai è talmente un paradosso che la maggioranza in Cda oscilla seguendo il sali e scendi del governo: un giorno la leghista Bianchi Clerici è presente e un giorno il tremontiano Petroni è assente, un giorno l'ex finiano Rositani è berlusconiano, e domani chissà. Il direttore generale Lei scrive e riscrive il pacchetto nomine, ben 35 poltrone da distribuire un po' per necessità (il Tg2 ha l'interim) e un po' per strategia. Vuole rifare la struttura di viale Mazzini, creare una mega-direzione intrattenimento per controllare gli spifferi che in Rai sono tradizione. E l'ultima follia di una televisione pubblica incatenata al potere è che con l'ex direttore generale Masi, nonostante il suo (vano) tentativo di normalizzare, la Rai ha strapazzato Mediaset negli ascolti con numeri che mancavano dal '99. Il messaggio è chiaro: nevermore. Mai più.
Carlo Tecce, Fanno ascolti ma sono sgraditi, FQ, p. 6.
Cosa si può dire. Che Santoro e Gabanelli piangono il morto per prendere di più? Va bene. Anche Fazio. Tutti. Cioè Floris no, Floris non gli chiudono il contratto perché Sballarò è inguardabile, questo siamo d’accordo. Ma se anche fosse, tutto il resto, le pressioni, gli ostacoli, l’impegno parlamentare, sono o non sono una manifestazione di obiettiva volontà censoria da parte del primo concorrente della RAI? Siamo onesti. Ed è una censura che si esplica con il danneggiamento, il saccheggio e l’impoverimento della principale azienda culturale pubblica della storia del Paese. La razzia di un bene pubblico per fini privati.
28.5.11
Non della par condicio
Se infrazione v’è stata da parte di Celentano ad Annozero, o meglio, frantumazione, non è certo delle fumose regole del contraddittorio, di cui poco importa, ma dei maroni degli spettatori durante l’interminabile ennesima incursione di questa specie di anziano balbuziente che si atteggia a padre della patria, che tutti lasciano fare e si contendono, a suon di copertine e paginate, e se lo allisciano, e se lo ingraziano, sorridendo alle battute grevi e alle freddure scontate, come fosse la somma autorità civile e religiosa del continente. Ma. Se dopo trenta secondi Santoro regolarmente zittisce in malo modo presidenti e pontefici, vedove in lacrime e padri singhiozzanti, perché il programma c’ha i suoi tempi, e i suoi ritmi, poi lascia metà puntata agli sconnessi sproloqui di questo signore? Dai.
10.4.11
Rolfi arreda
In esclusiva all’angolo tra via Mazzini e Moretto il frutto di una ambiziosa opera di riqualificazione e lotta al graffitismo selvaggio della lungimirante e mai vacua amministrazione comunale della Leonessa (se non un po’ nell’occhio porcino di taluni).
Un gioiello.
5.2.11
Puttanate Non le Leggo
Acronimi II
Bisogna sapere che ai radiatori spira un’aria, torrida, come è giusto che sia per un produttore di articoli idrotermosanitari, ma resa ahinoi pesante e viziata da una componente putrida e marcescente sempre più difficile da digerire per lo staff di orientamento filosofico positivista: una massiccia e incontrollata invasione di PNL.
L’abominevole programmazione neurolinguistica si sta infatti insinuando come una micidiale corrosiva sabbia sahariana in tutti gli interstizi e gli orifizi lasciati scoperti dall’incauto dipendente, dilagando nella vita aziendale a forza di libercoli esplicativi, corsi e impervie tassonomie. E in questa danza macabra in cui la pestilenza pseudoscientifica ha trascinato secoli e millenni di evoluzione culturale umana, l’unico baluardo dai piedi d’argilla, sordo al sinistro ritmo scandito dai rozzi tamburi della formazione aziendale, storicamente impermeabile a qualsiasi forma di movimento organizzato, resta – orgogliosa ed atterrita – la redazione di codesta testata.
Ed è con sgomento che testimonio che la perdurante incolumità della redazione dai fantozziani corsi (facoltativi) non retribuiti di sabato a cui tutti si sono iscritti, tutti, e agli interminabili sproloqui e scrupolose simulazioni di cui è ormai punteggiata l’agra esistenza di qualche centinaio di sventurati lombardi contemporanei, è garantita da una sola esile, fortunosa circostanza: che la responsabile dell’ufficio, signora di mezza età e dubbia igiene mentale, la Grande Untrice del moderno morbo subdisciplinare, proprio alla vigilia del grande scoppio pandemico – informandosi melliflua sulle nostre conoscenze in materia – aveva appreso che, per chissà quale crudele bizzarria della sorte, effettivamente, nella nostra degenere infanzia universitaria c’era persino una conferenza, di PNL. Solo questo ci risparmia, unici e terrorizzati, i grotteschi rituali del ritrovo feriale con mugugno. Solo questo ci salva dalla perdizione. Ma aiuta anche aver d’istinto taciuto che quella conferenza l’avevamo abbandonata trattenendo con difficoltà risa di scherno.
24.1.11
23.1.11
Grande esperto ti diserto
No no e no.
L’attento lettore di codesta morale operetta ben saprà che energie fossero state dissipate per l’acquisto de La democrazia dispotica di Michele Ciliberto, Sagittari Laterza, 2011, pp. 199, € 18.00 che prometteva di essere un testo che
Si sofferma su alcuni classici della democrazia fra Otto e Novecento e su questo sfondo interpreta il fenomeno del berlusconismo.
E quindi né l’attento lettore né lo stupefatto autore avrebbero mai voluto rispettivamente leggere e scrivere quello che segue, e cioè che con dolore l’uno deve comunicare all’altro, e l’altro apprendere che, a dispetto di tutto, non ci si attendeva di trovarsi invece davanti a una estenuante sequela di fiappe anatomie ermeneutiche inflitte a più che mai cadaverici autori del passato, per un buon due terzi; e poi da pagina 146 ad un saggetto di infima levatura sui caratteri autoritari del berlusconismo come degenerazione personalistica ed eversiva a trazione mediatica accentuata dall’evanescenza colpevole dell’opposizione. Ma vacca puttana. Grazie al cazzo. Dieci centesimi di merda a pagina.
Seconda ma non meno bruciante delusione di questi giorni la bieca operazione dei vituperevoli Editori Riuniti che non mi gabberanno se non altro mai più: Bankster, di Elio Lannutti, 2010, pagg. 410, € 15.00 – che sommessamente in copertina annuncia:
Non c'è angolo dell'economia nazionale e internazionale che non venga messo a ferro e fuoco dall'inchiesta di Lannutti
Bisogna dunque immaginarsi con che umore il lettore, anche affezionato al Lannutti, poverino, abbandoni a pagina 306 questa sorta di insopportabile elefantiaca intervista-flusso di coscienza che è l’anomalo contenitore scelto per un’operazione a metà tra l’autopromozione politica dell’autore (protagonista di un’azione peraltro meritoria) e il frettoloso approssimativo tratteggio di una serie di colossali problematiche e vicende contemporanee che, lungi dall’essere messe a ferro e fuoco da questa, che tutto si può definire tranne che inchiesta, alla fine restano in un’ombra ancor più fitta di quanto non fossero prima per il povero lettore che, lui sì, messo a ferro e fuoco da un continuo alternarsi di domande pilotate e risposte inconcludenti, non si sa come faccia ad arrivare in fondo.
15.1.11
10.1.11
9.1.11
La guerra di Silvio
O Panorama, la palla del peacekeeping, il pudore perduto e l’eversione al governo
Fatto Quotidiano: “Stiamo trasgredendo l’articolo 11 della Costituzione?”
Generale Fabio Mini: “Far rispettare l’articolo 11 alla lettera (L’Italia ripudia la guerra, ndr) sarebbe ottimo, tuttavia il diritto internazionale, autorizzando l’intervento armato in casi particolari, di fatto permette di aggirare l’articolo 11. Dobbiamo quindi badare alla sostanza, che è quella di far riconoscere a tutti che siamo in guerra, in un teatro di guerra, contro avversari che ci fanno la guerra”.
Roberta Zunini, La Russa o il capo dell’esercito: chi si dimette? da Il Fatto Quotidiano, 8 gennaio 2011.
In questi giorni. Già la volontà espressa dall’ultimo povero alpino ucciso in Afghanistan sentita da qualche parte, di essere sepolto tra i caduti di guerra mi aveva fatto suonare come una sgradevole dissonanza. Caduti di guerra.
Oggi poi mi sono sciaguratamente imbattuto nell’ultimo rivoltante numero della rivista Panorama, che ormai gettata ogni maschera stride a un ritmo folle una sgualdrinesca tiritera che è quanto di più simile riescono evidentemente a fare le fiaccate penne della casa al levare un canto di lode verso l’editore di fatto e presidente del consiglio dei ministri: in copertina campeggia un faccione con la scritta “La mia guerra”. Guerra.
Poi la realpolitik del Generale Mini qua sopra.
Fa pensare.
A ragazzi di vent’anni ammazzati in terre lontane, tanto diverse da casa loro. Mandati al macello con vacue fanfare nelle orecchie e negli occhi il mito stantio della divisa. Perché l’Italia ripudia la guerra.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
La gente che l’aveva fatta, la guerra, aveva perso abbastanza amici, parenti, conoscenti e nemici da non volerci più ricapitare. Non erano degli hippy fumati come sembrano sempre sottintendere i realisti di oggi.
L’Italia ripudia la guerra perché dall’ultimo conflitto mondiale chi voleva capire ha capito che un conto son due eserciti che si scontrano, si danno di sciabola, e poi si siedono a un tavolo e decidono chi ha vinto si prende questo, chi ha perso si gioca quest’altro, e un conto è radere al suolo delle città, annichilire popoli.
Vieppiù nell’era moderna, in cui ogni guerra si è trasformata in un pantano di belligeranze e tensioni latenti senza una fine. L’Afghanistan e l’Iraq.
Fa pensare.
Ma bisogna fare violenza sulla propria mente per figurarsi in che agghiacciante fantasmagoria distopica si sarebbe potuto immaginare un mondo dove un individuo dello spessore di George Walker-Texas-Ranger Bush può avere tra le mani le leve di un congegno militare che può costare la vita a centinaia di migliaia di persone innocenti; semplicemente così. Perché gli è venuto in mente. E in cui un attempato ex cabarettista meneghino, divenuto misteriosamente ricco, divenuto misteriosamente potente al seguito di una classe dirigente più interessata ad amministrare il proprio che la cosa pubblica, divenuto ormai non più misteriosamente proprietario di un paese e di tutto ciò che contiene tra una villa, due mignotte e una tricoplastica, possa, in aperta violazione della Costituzione, sprofondare il paese di cui è proprietario in vicende belliche che niente hanno a che fare con gli interessi nazionali, ignaro delle conseguenze. Un clown dalle mani lorde del sangue di giovani troppo giovani, troppo avventati e troppo poco informati per sapere cosa vanno a fare.
Perché – checché ne dica notte e dì l’ormai inguardabile Massimo Fini – qua non c’è nessuna “razza Piave” da onorare come liberatrice di alcun Piave, ma dei ragazzini con troppi cazzi in testa che, tra fabbrichetta, disoccupazione, reality show e celodurismo, scelgono la divisa e vanno a sparare a della gente che non sa perché, senza sapere loro stessi perché. Giocano alla guerra e poi ci restano. E io ne ho pietà perché muoiono giovani, vittime due volte di un paese che non gli dà opportunità e li nutre di bugie.
La guerra di Silvio. Camuffata da “missione”, nascosta dietro le foto coi bambinetti, falsa, farsa, e inutile; ma pericolosa.
Senza senso.
29.12.10
Chiuso per schiamazzi
FABIO ROLFI, assessore alla sicurezza e vicesindaco di Brescia, non ha dubbi sulla bontà delle ordinanze che impongono le chiusure alle 22 ai locali delle zone «calde» della città, e durante l'incontro della consulta della Stazione rilancia la sfida, facendo capire che il modus operandi potrebbe presto diventare il metro per intervenire anche in altre zone.
Giovanni Armanini, Il coprifuoco? Forse anche in Stazione, BresciaOggi, 17/12/2010.
C’erano zone della città che una volta erano addirittura famigerate come buco nero di illegalità, spaccio, degrado, sfruttamento e abiezione. Il Carmine. Via Sanfa. Un lungo e paziente lavoro di ristrutturazione edilizia, controllo degli affitti e rivitalizzazione collettiva le aveva proprio di recente definitivamente recuperate alla fruizione pubblica. Adesso vengono chiuse.
Sperimentazione di 4 mesi.
Da tempo era difficile restare più di venti minuti in un bar nella parte più vecchia e meno alla moda del centro storico, in stradine strette e tortuose, senza che una pattuglia di vigili o come si chiamano arrivasse percorrendo a fil di parete la via fino a voi, innocuo capannello, per intimare silenzio e minacciare il gestore di sanzioni.
Adesso è arrivato il colpo finale dell’abominevole giunta leghista (nominalmente berlusconiana, ma in realtà il sindaco che ne è espressione è a Roma non pervenuto per doppio incarico): coprifuoco. E finalmente le già spettrali vie di questa città umiliata da una junta ottusa e razzista potranno offrirsi al passante incauto e al residente ritardatario in tutta la loro desertica spogliezza, ed echi di passi lontani rincorreranno ombre spaventate ammonendole a precipitarsi in casa e trincerarsi in stanze e salotti. Così che nella vacuità porcina dello sguardo vicesindacale si rifletta il vuoto dechirichiano di quartieri intieri, e il sogno di un calmo cimitero civile sarà compiuto, anche se aumenterà la paura di chi ancora si arrischia a girare di notte per il centro, anche se le attività economiche, in questo periodo poi, saranno danneggiate; tanto sono quasi tutti stranieri.
Sacrosanto il diritto al riposo dei residenti. Alle 23.30?
Per la parte più trendy e aperitivara, invece, niente. Gli schiamazzi bianchi non disturbano.
A chiosa, Laura Castelletti:
Chi ha scritto l’ordinanza è mai stato dopo le 22.00 nella zona di Piazzale Arnaldo? (l’area più cool del centro – NdR).
Io ci vivo, la conosco molto bene. Qui la sera, i figli dei bresciani, spacciano droga, se la pippano o se la fumano, litigano, si accoltellano (qualcuno ricorderà cosa è accaduto qualche mese fa), schiamazzano, suonano i campanelli nel cuore della notte rompendo le scatole a chi abita in zona, pisciano regolarmente in ogni angolo i mojiti e i pirli appena bevuti, abbandonano sui tettucci delle auto e i davanzali delle finestre i bicchieri vuoti, spaccano bottiglie, parcheggiano davanti ai portoni, si prendono a manganellate in pieno giorno (vedi il recente fattaccio occorso in piazza Tebaldo raccontato dai giornali locali), bruciano nello stesso posto i cassonetti… Potrei andare avanti, ma non lo faccio. Come tanti che abitano nella zona preferisco comunque incavolarmi una volta di più, ma sapere che uscendo la sera incontro gente e non il deserto da coprifuoco. Il deserto da coprifuoco lascia davvero spazi immensi alle persone peggiori, le uniche che in quelle condizioni la fanno da padroni. Preferisco una zona “complicata” a una zona “morta”.
Con questa ordinanza e dopo l’eliminazione delle panchine, il bonus bebè, i soli delle alpi di Adro, la gru e le carte di credito immagino che si tornerà a parlare di Brescia sulla scena nazionale… in un modo che continua a non piacermi.
(Laura Castelletti, L’ordinanza apartheid, 14.12.2010)
19.12.10
Né in dicembre a Roma, né mai
“La violenza da parte delle masse non eliminerà mai il male”
Bene.
Nessuno degli intervistati in varie sedi dopo le manifestazioni a Roma il 14 dicembre ha voluto dissociarsi dagli episodi di vandalismo sconclusionato e squadrismo più o meno organizzato di cui frange non marginali di manifestanti si sono rese protagoniste. Nessuno vuole dire una parola chiara contro quello che è stato fatto di sbagliato e molti giornalisti e commentatori ritengono sia giusto così. Che prima di condannare bisogna capire quello che c’è stato prima; che prima di chiedere una dissociazione bisogna immedesimarsi e comprendere la colposa emarginazione degli argomenti della protesta dal dibattito pubblico; l’ottusa risolutezza dell’esecutivo; la condizione socioeconomica. Sarà.
A me giustificare degli atti vandalici facendoli passare per una forma di comunicazione solo un po’ vivace fa venire la pelle d’oca.
Esiste o potrà mai esistere un torto tale da giustificare logicamente l’arsione di autovetture private, la devastazione di vetrine e arredi urbani vari? Evidentemente no. Di più: se un gruppo nutrito ma non sterminato di giovani prendesse a rivendicare una qualsiasi riforma o la revoca di una qualsiasi riforma, di un parlamento che ad esempio decidesse di rimuovere gli abominevoli simboli religiosi che campeggiano nelle aule delle scuole italiane, e alcuni studenti in dissenso iniziassero un lungo percorso di mobilitazione e sensibilizzazione in difesa dei crocifissi; e il parlamento andasse avanti per la sua, e questi studenti e giovani, scesi in piazza, mettessero a ferro e fuoco la città, qualcuno li difenderebbe così?
C’è qualcuno che può stabilire a priori chi ha ragione e se non viene ascoltato può distruggere le città, e chi invece non è degno e non deve rompere i coglioni? Mi sembra strano. E mi preoccupa un po’.