19.12.10

Né in dicembre a Roma, né mai

“La violenza da parte delle masse non eliminerà mai il male”

Mohandas Karamchand Gandhi

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Bene.

Nessuno degli intervistati in varie sedi dopo le manifestazioni a Roma il 14 dicembre ha voluto dissociarsi dagli episodi di vandalismo sconclusionato e squadrismo più o meno organizzato di cui frange non marginali di manifestanti si sono rese protagoniste. Nessuno vuole dire una parola chiara contro quello che è stato fatto di sbagliato e molti giornalisti e commentatori ritengono sia giusto così. Che prima di condannare bisogna capire quello che c’è stato prima; che prima di chiedere una dissociazione bisogna immedesimarsi e comprendere la colposa emarginazione degli argomenti della protesta dal dibattito pubblico; l’ottusa risolutezza dell’esecutivo; la condizione socioeconomica. Sarà.

A me giustificare degli atti vandalici facendoli passare per una forma di comunicazione solo un po’ vivace fa venire la pelle d’oca.

Esiste o potrà mai esistere un torto tale da giustificare logicamente l’arsione di autovetture private, la devastazione di vetrine e arredi urbani vari? Evidentemente no. Di più: se un gruppo nutrito ma non sterminato di giovani prendesse a rivendicare una qualsiasi riforma o la revoca di una qualsiasi riforma, di un parlamento che ad esempio decidesse di rimuovere gli abominevoli simboli religiosi che campeggiano nelle aule delle scuole italiane, e alcuni studenti in dissenso iniziassero un lungo percorso di mobilitazione e sensibilizzazione in difesa dei crocifissi; e il parlamento andasse avanti per la sua, e questi studenti e giovani, scesi in piazza, mettessero a ferro e fuoco la città, qualcuno li difenderebbe così?

C’è qualcuno che può stabilire a priori chi ha ragione e se non viene ascoltato può distruggere le città, e chi invece non è degno e non deve rompere i coglioni? Mi sembra strano. E mi preoccupa un po’.