21.6.10

In Fink veritas

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Ma non questa.

L’altro Fink. È un po’ di mattine che me lo dice e mi sta convincendo.

20.6.10

Só ché ciarìt

Una boccata d’ossigeno, anzi un’ossigenata grafica per il blog, schiarito da sole e salsedine viste in sogno, agognate e lontane sotto questo cielo padano plumbeo che piange la sua agonia o la sua scomparsa, mentre l’universo irrefrenabile e inconsulto corre e si sganghera, verso un altro lunedì. Ed è subito bestemmia.

14.6.10

Italia Paraguay

Ed è subito uno scontro titanico tra inni nazionali; che brividi.

Dato il livello medio di buono c’è che, rispetto a un giorno normale, non si nota la desertificazione del palinsesto in corrispondenza della partita: a parte Paperino sul due, il resto sono le solite telenovela australiane prodotte in outsourcing da offshore polacche con personale sudamericano, piccoli tg senza pretese, imbarazzanti serie italiane.

E naturalmente c’è di buono che per un giorno non c’è il Tg1.

Si parte; prima dicevano: magari noi non abbiamo un grande livello tecnico ma cioè, siamo campioni del mondo e comunque c’abbiamo un gruppo, ma un gruppo, che  quando c’hai il gruppo, la voglia di fare, l’agonismo, eh casso, partitoni; vediamo al primo contrasto lo svenimento, che agonismo. Ecco. Secondo 40. Però no, era un fallaccio su Montolivo.

Nient. Va bene. Buona partita.

12.6.10

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I think you will find
When your death takes its toll
All the money you made
Will never buy back your soul

And I hope that you die
And your death’ll come soon
I will follow your casket
In the pale afternoon
And I’ll watch while you’re lowered
Down to your deathbed
And I’ll stand o’er your grave
’Til I’m sure that you’re dead.

8.6.10

Bilal

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Di questo poi ne riparliamo.

Otto per mille: a chi?

L’otto per mille è invece una violazione doppia del principio di laicità, l’Italia in questo vuole essere all’avanguardia. Non solo perché lo Stato si fa esattore per la Cei – Conferenza Episcopale Italiana – di oboli che i fedeli dovrebbero versare direttamente, secondo generosità volontaria (che comprende anche a quale istituzione particolare dentro la Chiesa destinare il proprio contributo), ma perché il cittadino che non firma per nessuna confessione religiosa e neppure per lo Stato (almeno la metà dei contribuenti), versa egualmente l’obolo che palesemente non intende dare: d’ufficio e obtorto collo, a tutte le confessioni religiose e allo Stato (cioè al governo) in proporzione alle scelte fatte dagli altri contribuenti

P. Flores D’Arcais, FQ, p. 18.

Panebianco non lo sa

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Queste cose Panebianco, poco esperto in diritto penale (come in tutto il resto dello scibile umano), non le sa.

Travaglio, FQ, p. 1.

E si vede.

5.6.10

Salvate il soldato Guido

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Gentile San Guido, nel ricevere l’atto di citazione in cui Lei chiede al sottoscritto e a Padellaro la bellezza di 100 mila euro come risarcimento per il danno patrimoniale e non che avremmo inferto al Suo “decoro” e alla Sua “reputazione” […] Le veniamo incontro. […] So per esperienza cosa significa pagarsi l’affitto o il mutuo di tasca propria e immagino lo choc che ciò comporta in chi non vi è abituato. È a corto di spiccioli? Lasci perdere le cause civili, che non finiscono mai. Ci dica quanto Le serve per tirare avanti. E noi facciamo una colletta.

Travaglio, editoriale FQ.

3.6.10

Uno statista vero

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Il migliore statista da centoncinquantuno anni a questa parte, alla sfilata del 2 giugno, Roma.

FQ, p. 5.

2.6.10

Vincere

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Vincere è un film veramente singolare. Mi spiace non aver più tempo. Ma forse è meglio. Comunque si tratta di un bel film, italiano, con Giovanna Mezzogiorno. E già si è nel paranormale. Non me ne voglia la Sig.ra o Sig.na Mezzogiorno che è bellissima donna e magari, anzi facciamo così, è bravissima, che se mi querela, è solo che storicamente a me non mi piace – e non facciamo polemiche inutili per una volta come tutti i recensori di sto mondo, che recensire non è censurare.

Insomma il punto è che noi che amiamo la storia, e forse siamo solo noi della direzione della redazione cinema di teofog, in questa anche documentata credo storia di Ida Dalser, e di suo figlio Benito Albino Mussolini, ci abbiamo visto una mirabile e poeticissima audace e strariuscita modulazione nel campo personale di vicende storiche di più ampio respiro, che, se non bastava l’aggettivazione a farlo capire, ci è piaciuta assai.

Poi che? Poi magari voi lo guardate e vi sembra una merda. Empiricamente è possibile. In particolare se non vi piace come recita Giovanna Mezzogiorno. Ma è un rischio che a nostro avviso va corso.

La tensione delle strategie

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“Le stragi mafiose del ‘93 erano tese a causare disordine per dare la possibilità ad una entità esterna di proporsi come soluzione per poter riprendere in pugno l’intera situazione economica, politica, sociale che veniva dalle macerie di Tangentopoli.”

Sandra Amurri, LO STATO SAPEVA TUTTO, FQ, p. 2.

Ho visto la luce. Oggi, giugno duemiladieci, capisco cosa significava veramente questo dire che le bombe sul continente non erano di mafia; adesso all’improvviso vedo il rettilineo che unisce Piazza Fontana, Piazza della Loggia, e Via dei Georgofili, San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, il passato remoto all’altroieri di questa repubblica. Fa impressione.

Se non altro perché negli anni ‘60-‘70 e ‘92-‘93 c’è stato qualcuno, e magari c’è ancora, che poteva credere che il popolo italiano si sarebbe sollevato iracondo e fatale per scuotersi di dosso lo strato di parassiti che da sempre allignano sul suo corpo martoriato e inguardabile, succhiandogli il sangue e ottundendone i sensi.

Audace.

Mi sa che in tutte le strategie della tensione, la tensione ce l’avevano più che altro gli strateghi, che il pueblo anche con meno effetti pirotecnici stava uguale tranquillo a ruminare.

Buon due giugno

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Non so se qualcuno abbia già avuto la petulanza e la sciatteria di farlo notare; in caso ci penso io. In questi giorni di inattese evocazioni di lacrime e sangue dei tempi andati, mentre dalle fogne della storia affiora alla chetichella qualche piccolo escremento della Gran Merda che gelosamente custodiscono, proprio di quegli stessi anni, di quegli gli anni che una notte il Presidente del Consiglio temette il golpe, che dal nulla, dalla notte al giorno, saltò fuori un partito, che domina da allora in lungo e in largo questa sfortunata penisola, ecco – in questo momento si vota una legge che di fatto abolisce le intercettazioni nelle indagini e limita la possibilità di pubblicare gli atti di indagine sui giornali. Forse per riassunto. Ma delle due cose, intercettazioni e atti d’indagine, la più importante, qual è?

Forse imbavagliare la stampa libera che rivelando gli affaracci e le trame di un potere neofeudale arrogante e buzzicone può danneggiare l’immagine del Presidente del Consiglio e dei suoi accoliti, compromettendo il loro futuro, come sembra credere chi mette su le fotine sgranate col post-it in bocca? La parte sulla pubblicazione degli atti è il fulcro di questa legge? Mah. Ammesso che un settantatreenne pensi al futuro come lo possiamo intendere noi, uno che ha più di tre televisioni (un presidente del consiglio con tre televisioni, a volte fa effetto) si può preoccupare della sua immagine?
Non credo sia un suo problema.
Non penso gli serva il “bavaglio”.

Penso sia un contorno. Più che altro per far cagnara. Una trave nell’occhio di chi porge sempre l’altra guancia, per non parlare del punto centrale. Cioè questa legge impedisce sostanzialmente di fare efficacemente intercettazioni telefoniche e ambientali, e poi di acquisirle, e poi di usarle, insieme ai tabulati, le cose che regolarmente si usano nelle indagini contro i delinquenti. I cattivi. Per non farli andare dentro. Si è già detto. Quello che non ho ancora letto più che altro perché non avevo tempo di scriverlo, è che per me qui ed ora, Italia anno di(s)grazia 2010, nel regno stregato di un signore brianzolo arrivato inspiegabilmente in alto, i nodi alla fine stanno venendo al pettine; non del signore brianzolo, che usa il rullo compressore, ma in genere.

Oggi, Italia 2010, Silvio Berlusconi non è costretto a promuovere una legge che sinceramente a lui, non gli cambia niente, certo non va in galera adesso, né gli levano un euro, né la sua immagine potrà soffrire alcunché, se non l’ha fatto fino a adesso; Silvio Berlusconi da Milano, oggi, deve onorare probabilmente un impegno preso molti anni fa, con gente che fa proposte che non si possono rifiutare, gente che gli è stata attorno, un po’ bodyguard e un po’ sgherro, in questi anni, e che l’ha portato dov’è, e ha aspettato fino a adesso facendo passar segnali obliqui, con pazienza. Ma adesso la gente che aspetta sa che Silvio Berlusconi da Milano non durerà molto. E vuole che paghi il suo conto prima di passare dal via.

Oggi la mafia chiede il conto al Presidente del Consiglio dei Ministri di un paese nato centocinquant’anni fa come regno, vissuto più di mezzo secolo, nei sogni di alcuni, come Repubblica, e che aspetta di nascere come Democrazia.

1.6.10

My freedom flotilla 2

È evidente che il post precedente di argomento analogo veniva prima dei più noti fatti. Se no non sarebbe stata la garrula iperbole che è, o voleva essere; che con quello che è successo, o meglio, hanno fatto, non c’è molto da ridere.