3.8.13

La caduta del Cavaliere oscuro

L’INGANNO


Le patetiche bugie dei frodatori di Stato


di Bruno Tinti

D& G e B sono evasori fiscali. Il secondo un pregiudicato; i primi due in attesa di diventarlo, condannati in 2 gradi di giudizio tributari e in primo grado penale. Eppure D & G sono “indignati” e B si fa vittima. Come ha detto Travaglio, la scomparsa dei fatti. Che però sono testardi. Il sistema di frode utilizzato da B è molto diffuso: tutti i giorni gente come lui è condannata per fatti analoghi; e nessuno si indigna o parla di complotti. Come questi, anche B racconta la stessa ridicola favola (che poi è sostenuta con molta serietà dagli avvocati): se costituisco una società con tanto di registrazione e timbri legali, se la utilizzo per acquistare merce da un fornitore e poi per rivenderla a me o a società da me controllate, tutto questo è perfettamente regolare. Il che è vero e non è vero.    

Ipotesi A: una società manda in onda numerosi film che sono programmati sia in Italia che in altri paesi. Siccome si tratta di attività complessa, che richiede strutture, personale e risorse, il “padrone” della società costituisce in ognuno di questi paesi altra società (controllata dalla società madre) con il compito di gestire la programmazione. Naturalmente, quando si tratta di comperare i film, la contrattazione è gestita dalla società madre che può spuntare prezzi migliori. Ma le vendite sono effettuate direttamente alle società controllate che contabilizzeranno nei loro bilanci i relativi costi. Tutto confluirà poi nei bilanci della società capogruppo. Questo sistema è perfettamente legale (e tale sarebbe considerato dal Fisco) perché costruito “per valide ragioni economiche”.    
Ipotesi B: una società manda in onda numerosi film etc. Questi sono forniti da un produttore americano con il quale il “padrone” della società contratta vantaggiose condizioni: 10 film per 10 milioni di dollari. E si accorda con l’americano affinché i film non siano venduti direttamente alla società madre ma ad altra, sempre da lui controllata. Questa seconda società è costituita in qualche remoto paradiso fiscale, con un amministratore, di solito un commercialista locale; non ha strutture né personale, solo un conto in banca, per il momento vuoto. Il produttore americano, all’inizio, ha qualche perplessità: vendere a una società di fatto inesistente, priva di strutture, personale, patrimonio! Ma il “padrone” lo rassicura: garantisco io, mi serve solo uno schermo contro il Fisco. E così l’operazione viene avviata. I film arrivano alla società schermo che subito li rivende alla società madre (in sistemi più sofisticati gli schermi sono più di uno e più di una sono le finte vendite). Ma c’è una particolarità: il prezzo di vendita è raddoppiato; non più 100 milioni ma 200. La società madre paga e i soldi sono accreditati sul conto della società schermo; da qui 100 milioni vanno al produttore americano; e 100 (ecco uno dei due scopi dell’operazione) su un altro conto di cui è titolare altra società, una off shore di cui nessuno sa nulla, manco a dirlo di proprietà del “padrone” che ha gestito l’intera operazione. In questo modo il nostro dispone di un tesoretto occulto da impiegare per gli scopi più vari, ovviamente illeciti: per dire, può comprarsi un paio di senatori. Ma c’è un altro vantaggio, di almeno pari importanza.    
SE LA SOCIETÀ madre avesse comprato i film in prima persona avrebbe potuto scaricarsi costi pari a 100; supponiamo: alla fine dell’anno ricavi per 200, costi per 100, reddito per 100, tasse per 50. Ma se i film li compra dalla società schermo, il risultato di bilancio cambia: ricavi 200, costi 200, reddito zero, imposte... zero. Certo, i bilanci della società schermo sono in utile, si dovrebbero pagare le tasse. Ma chi gliele chiede? Antigua, Santa Lucia? E comunque dopo un paio d’anni la società chiude e avanti un’altra. Questo sistema è illegale (e tale lo considera il Fisco) perché creato “senza valide ragioni economiche”. La società schermo ha curato la messa in onda dei film formalmente acquistati? No. Ha rivenduto questi film a clienti diversi nell’ambito di una normale attività commerciale? No, li ha venduti solo alla società del “padrone”. E, del resto, come avrebbe potuto svolgere una qualsiasi attività? Senza personale, strutture, capitali. Ecco perché schermo, scatola vuota, “inesistente” di fatto. Ecco perché le fatture emesse sono “relative ad operazioni inesistenti”. Ecco perché si tratta di frode fiscale.    
Naturalmente c’è l’ultima spiaggia. “Ma io facevo il presidente del Consiglio, che ne so di quello che intanto facevano i miei manager”. A parte le prove raccolte negli atti processuali, chi può credere che impiegati stipendiati costituiscano società finte e capitali all’estero non per sé ma per il padrone che, però, non lo ha mai saputo per più di 20 anni! E che, quando se li spende, non si chiede da dove vengono! Scajola e la sua celebre casa comperata a sua insaputa fa quasi tenerezza.    Tutto questo lo sanno tutti. I politici (PdL e Pd) che si chiedono come fare un governo con un delinquente che ha fregato al paese, mentre era presidente del Consiglio, fra annualità prescritte e no, quasi 500 milioni di euro. E la metà degli elettori di B, quelli che hanno un unico grande ideale: diventare un giorno anche loro delinquenti evasori. Non lo sa l’altra metà perché, affascinata dal gaudente ricco e spregiudicato, non lo vuole sapere. Dimenticavo. Un altro che lo ha sempre saputo è il Presidente della Repubblica. Che ha colto l’occasione della condanna di B per auspicare una riforma della giustizia. 
FQ, p. 18.