Rapidamente con l’occhio vitreo del presciente ho dato un’occhiata a qualche recensione – risultato: dov’è l’Almodovar geniale e rutilante, quante mezze tinte e sentimenti opachi, va beh. Insomma.
Questo blog con tutta la forza dell’ignoranza e la iattanza dell’incultura vuole dire chiaro e tondo che un film non è bello se ci sono ottanta travoni che fanno cose insensate con una bellissima fotografia. No. Madri lesbiche, comi profondi, seminari cattolici? Va bene, sì, ma non basta. Uno che fa delle bellissime scenografie e con gusto raffinato mette gli attori in un'atmosfera screziata di colori onirici e luci romantiche è tutt’al più un passo avanti al bravo arredatore; non è un regista.
Perché un regista fa una cosa che è – lì è il difficile – insieme una storia e un’estetica, e un messaggio in quanto storia ed estetica, e tutte le possibili combinazioni e interdipendenze che si vuole tra significante significato codice mezzo messaggio, fate voi – non è un forum di traduzione intersemiotica questo.
Gli abbracci spezzati è un bel film. Racconta una storia. Non cade in eccessi e gratuità fastidiose che, anche se sembrano messe lì apposta per l’onanismo intellettuale di fatui critici di tutte le età e le latitudini e per solleticare il narcisismo intellettualoide di più o meno autorevoli e schizzinosi esperti, a parere di questo blog sono solo difetti. Non voluti. Falle. Errori. È bello, c’è Penelope Cruz, e si vede volentieri. Basta.
Sarà fiacco e convenzionale. Ma è il migliore di Almodovar, per me.