2.2.10

Senza perdere l’abiettezza (Che Gueronzi 2a parte)

[…] Per la vendita (o svendita) del patrimonio Federconsorzi, Cesare Geronzi, diventato intanto presidente della Banca di Roma, è comunque prosciolto: nel 2000, “per non aver commesso il fatto”. Già in quel caso aveva accanto Sergio Cragnotti, presidente della Cirio e della Lazio. I due sono cresciuti insieme, tra gli anni Ottanta e i Novanta, Cesare sprofondato negli insondabili divani della Roma che governa, Sergio ben sistemato nella finanza della Milano che paga (era in Montedison). Poi Sergio ha spiccato il volo con Cirio e Cesare non si è mai dimenticato di lui. Quando arriva il crac, anche il banchiere viene coinvolto: le sue banche romane sono diventate Capitalia, ma Capitalia ha collocato con estrema leggerezza – almeno secondo i risparmiatori truffati – i bond di una Cirio in crisi da tempo. Lo stabilirà il processo.

Intanto altri guai arrivano da un altro amico, il romanissimo e fascistissimo Giuseppe Ciarrapico, tanto vicino al “Divo” Andreotti, dunque da sostenere. Fin troppo: è con i finanziamenti di Geronzi che Ciarrapico in pochi anni mette insieme un suo gruppo, Italfin 80, comprando cliniche e acque minerali. I conti? Non buoni, tanto che arriva anche per il Ciarra il momento del crac. Dei 450 miliardi di lire dell’insolvenza, 300 vengono dall’istituto di Geronzi. Ma dal male nasce il bene, perché il Ciarra presenta al banchiere un imprenditore milanese in quel momento un po’ in difficoltà, ma con un grande futuro. È Silvio Berlusconi, che a metà degli anni Novanta nuota in un mare di debiti, tanto che le banche fanno fatica a credere nel futuro del Biscione. Niente paura, Banca di

Roma crede in Fininvest, che, anche grazie ai crediti di Geronzi, nel 1996 riesce a far quotare in Borsa Mediaset: un successo, per Berlusconi una svolta. Gli amici, poi, non si dimenticano.

Gianni Barbacetto sul Fatto.