11.2.10

Immigrazione: il decalogo della persecuzione

Lo so che è un po’ lungo ma tanto sono in prestito su un computer di fortuna quindi comunque non avrei molto da fare; poi questo articolo non è stato molto ripostato e per me merita, perdonerà l’egregio Giustiniani, anche perché il tema è di quelli che per questo blog, seri:

di Corrado Giustiniani


Tante molestie, una dietro l'altra, fanno una persecuzione. Ed è quella che gli immigrati di questo paese stanno subendo: regolari o no che siano. Di molestie ne elencheremo dieci, ma giusto per fare cifra tonda. L'ultima è quella del “permesso a punti”, di cui il governo sta per varare il regolamento attuativo. Un permesso a punti alla rovescia, rispetto all'esperienza consolidata del Canada e a quella più recente del Regno Unito: la classifica non serve, infatti, per poter entrare con regolare nullaosta nel nostro paese ma invece, una volta arrivati non è chiaro come e ottenuto dopo mille peripezie il permesso di soggiorno, per non esserne cacciati via. Così, tanto per vivere con ansia persino la propria condizione di immigrato regolare. Ci sono due anni di tempo, più uno supplementare, per superare i test di italiano e di educazione civica previsti dall'Accordo di integrazione, che verrà fatto firmare assieme al permesso di soggiorno, pena il non rinnovo e l'espulsione. Delle due l'una: o basta l'italiano che l'immigrato apprende lavorando e facendo la spesa, e allora è assurdo mettere in piedi una così complessa organizzazione, oppure la selezione sarà seria e allora il muratore ucraino Igor, che sta lavorando alla  ricostruzione dell'Abruzzo terremotato, dovrà inchiodarsi in testa congiuntivi, condizionali e articoli della Costituzione che i suoi compagni di lavoro italiani magari ignorano. Se lo Stato volesse davvero integrare i nuovi arrivati, dovrebbe rilanciare le 150 ore di formazione un tempo offerte ai nostri lavoratori, e un piano di alfabetizzazione televisiva come fu lo straordinario Non è mai troppo tardi che negli anni '50 la Rai affidò al maestro Alberto Manzi. Ma l'intento, qui, è ideologico-elettoralistico: sottoporre ad esame gli immigrati regolari.
La seconda molestia consiste nei tempi lunghissimi impiegati dall'amministrazione per rinnovare i permessi di soggiorno: 291 giorni in media, cioè dieci mesi, quando il Testo unico dell'immigrazione dice che la procedura non deve durare più di 20 giorni. Si stima che almeno un milione di immigrati siano oggi in attesa. Rinnovare il permesso di soggiorno costa 70 euro. Sborsati in cambio di un servizio da Terzo mondo, ed è paradossale che uno Stato che non riesce a renderlo efficiente, carichi di nuovi compiti i
suoi uffici con il  “permesso a punti”. Costa invece 200 euro la domanda per ottenere la cittadinanza. É la terza molestia: ben dieci anni di residenza legale e altri tre-quattro di attesa media burocratica. La quarta è la negazione della cittadinanza ai bimbi stranieri nati  in Italia, he possono ottenerla solo dopo 18 anni trascorsi ininterrottamente nel nostro paese. Nel bel libro di Giuseppe Caliceti Italiani per esempio, Vera, 11 anni, genitori  albanesi, chiede al maestro: “Io sono nata in Italia, a Montecchio. Sono italiana o albanese? Sono immigrata o no?”. Quinta molestia, per i minori non accompagnati: un fenomeno purtroppo in forte crescita. La conversione del permesso di soggiorno, una volta raggiunti i 18 anni, non è ammessa se il minore non ha trascorso almeno tre anni in Italia. Se hai più di 15 anni al tuo arrivo nel paese, diventerai dunque irregolare. E ciò, osserva l'esperto Sergio Briguglio, rischia di incentivare la migrazione di minori di età inferiore. Sesta molestia: il non aver previsto tassativamente che, dal tetto del 30 per cento fissato dal ministro Gelmini per gli stranieri in classe, vengano esclusi almeno i bimbi nati in Italia. Il ministro l'ha promesso, ma nella circolare non c'è scritto e la  Lombardia, per esempio, non farà eccezioni. Settimo atto persecutorio, ma ognuno scelga l'ordine di classifica che ritiene più adatto, il concedere appena sei mesi di tempo a un immigrato regolare che ha perso il lavoro per ottenerne un altro, pena la clandestinità e l'espulsione. Ottavo, aver approvato una regolarizzazione soltanto per le colf e le badanti, come se camerieri, operai, muratori, siano figli di un dio minore e non meritino di lavorare alla luce del sole. Nono, colpire gli illegali senza aver previsto una  via d'ingresso legale per cercare lavoro nel nostro paese: gli immigrati vanno assunti direttamente nella nazione di origine. Decimo, la persecuzione ideologica: dire ad esempio, come ha fatto Silvio Berlusconi a Reggio Calabria, che con l'immigrazione aumenta la criminalità quando, come ha dimostrato Tito Boeri, dal 1990 al 2005 i permessi di soggiorno sono saliti del 500 per cento, mentre il numero di crimini per 100 mila abitanti è rimasto sostanzialmente invariato.

FQ, 9.2.10.