Con leggerezza Mauro Masi, chiuso per ferie come la Rai, s’è dimenticato di firmare le matricole di Annozero (chiamato in codice ‘spazio Santoro’) e Vieni via con me di Fabio Fazio e Roberto Saviano, […] ovvero un numero e un paio di fogli protocollati, […] un nullaosta per avviare le trasmissioni, riconoscere la struttura, affidare i soldi necessari e ingaggiare ospiti e giornalisti.
Senza la firma di Masi c’è un vuoto burocratico. Vieni via con me e spazio Santoro esistono nei progetti eppure in pratica sono fermi: “Significa che l’azienda prevede due programmi, ma con masochismo blocca il lavoro per realizzare tre ore di buona televisione a settimana. Il timbro di Masi permette di spedire telecamere, definire interventi e gare d’appalto, ospiti e scenografia. Così autori e strutture non possono muovere né un euro né un dito”.
Carlo Tecce sul Fq.
Che a me, nella mia non dico beata ingenuità, ma in quel posto di adolescenza emotiva che mi è rimasto in fondo a un cuore indurito e rotto a ogni bassezza, dove ancora albergano sentimenti puri e miti, mi si come sommuove qualcosa, di tenero, di buono, a pensare al direttore generale di un’azienda pubblica, dell’azienda pubblica che ha insegnato agli italiani a parlare l’italiano, per la precisione, al direttore generale ex parà e baffuto di questa veneranda istituzione, che ostacola in ogni modo e sabota lo svolgimento delle trasmissioni più importanti dal punto di vista qualitativo ma soprattutto economico per l’azienda stessa, pubblica, che lo paga con soldi pubblici – ecco questo pensiero di uno pagato dai cittadini che asseconda in maniera padronal-feudale, non l’interesse della gloriosa impresa e della collettività che lo pagano, ma i disegni di bottega (nonché le mire anticoncorrenziali) di un signore facoltoso, principale competitor della società pubblica, che peraltro ha evaso e probabilmente sottrae sempre ingenti somme all’Erario, ecco questo pensiero ancora non so come dire; mi smuove quell’angolino di cuoricino dove allignano e albergano i moti d’animo più nobili e irenici. Mi fa venire voglia di incontrarlo quell’uomo lì, e chiusolo in una gogna in viale Mazzini, prelevare liquami di fogna e piscio di mulo da amalgamare in un composto spesso e cremoso, da cospargere sul viso altero e baffuto da ex-parà ogni 15-20 minuti, mentre i passanti lo oltraggiano e lo dileggiano, i vecchi lo sputano, e dopo averlo così ringraziato a nome della collettività per diciamo una settimana, vederlo in un tribunale a rendere conto delle sue condotte, e poi fargli vedere cosa vuol dire il posto che ha occupato, strapagato, facile, dorato, mettendolo senza un soldo a accattonare un posto da magazziniere all’ortofrutta, a 20 centesimi a cassetta, o a trovarsi un altro lavoro, se è bravo, ma non tra i suoi amici ed ex padroni, come gli altri, senza favori, per i meriti.
Posso dire d’aver ancora quest’animo buono.