Il giorno prima della rivoluzione
di Furio Colombo
Forse non lo sapevate. Ma “esiste in Italia una Costituzione materiale che affida agli elettori la scelta di quale presidente e quale coalizione debba governare. E il ritorno al voto nel caso in cui quella maggioranza venga meno”. Lo dice il ministro degli Esteri italiano (La Repubblica, 12 agosto).
Naturalmente non è vero. In una sola risposta sbagliata Frattini cita la costituzione berlusconiana, che non è in vigore, e abolisce il capo dello Stato che ha come prerogativa esclusiva di decidere se tornare o non tornare al voto. Per fortuna la Costituzione italiana e il capo dello Stato ci sono ancora. Direte che non è il caso di dare troppo peso a un ministro degli Esteri che non sa niente di aspetti piuttosto importanti della politica estera italiana, perché viene lasciato a casa quando il suo capo si incontra, per cose serie e a porte chiuse, con Gheddafi e con Putin. […]
Frattini ha poco peso ma non è futile. Lo hanno mandato a dire che il progetto di distruggere la Repubblica Italiana nata dalla resistenza, a cominciare dalla sua Costituzione, procede e accelera. Il lavoro sporco lo lasciano fare a Cicchitto: «L'Italia andrebbe incontro a una fortissima destabilizzazione» dice il capo claque di Berlusconi alla Camera (La Stampa, 12 agosto). Lo stesso giornale riporta l'ammonimento del capo: «Ove dovesse mancare l'unità (leggi: obbedienza, Ndr) si dovrà arrivare a scelte dolorose e definitive». Chiarisce la deputata pluripartito Santanché «Fini si dimetta prima che imbarazzanti verità lo costringano». Del resto il ruvido statista Bossi aveva già offerto la sua interpretazione della nuova Costituzione materiale quanto alla presidenza della Camera: «Ce lo abbiamo messo lì noi, lo possiamo togliere» (Il Corriere della Sera, 11 agosto). Direte: ma una simile dichiarazione di guerra alle istituzioni porterà conseguenze gravi. Non è possibile che solo i finiani parlino della casa di Arcore, sottratta alla famiglia Casati e venduta per due lire (mediatore: Cesare Previti) a Silvio Berlusconi, che vi ha convissuto con un certo Mangano, in seguito proclamato eroe della Repubblica. È vero, non è possibile. Infatti il Pd insiste: il governo venga a riferire in Parlamento. Non ottengono neppure una risposta.
Il volare di stracci si fa vorticoso e stamattina, visione d’idillio. Sul retrivo e clericale Giornale di Brescia, solo quotidiano letto a casa, in prima pagina campeggia qualcosa che credevo dovesse star confinato nelle pagine interne dell’Odore dei Soldi, dove lo lessi anni fa posando la prima pietra dell’avversione a Berlusconi che avrei nutrito e alimentato amorevolmente fin’ora; in altre parole, si inizia a parlare dell’origine degli sfarzi e dei fasti dell’Uomo della provvidenza. La casa di Arcore.
E da qui, se tutto fosse normale e il dibattito pubblico e giornalistico fosse anche solo semilibero come ovunque, la slavina prenderebbe velocità, e sarebbe quasi fatta. Anche alle elezioni.
Stando invece noi come stiamo a libera intrapresa editorial-giornalistica, non lo so come va a finire; certo l’estate con il PdL mattatoio comunale è un presagio di sfasci a venire. Peccato che non c’è più la maggioranza e non c’è nemmeno l’opposizione.
Sembra che si dovrà tornare a vedere governicchi che nascono e muoiono come mosche; il che per le residue speranze di veder scomparire i carrozzoni pubblici, le marche da bollo, le sanguisughe della sanità privata, banche vampire, speculatori vari e assortiti, evasori e maneggioni sarà un brutto colpo. Anche se è dura pensare peggio di adesso.