28.11.09

Time has told me

In una Camera straordinariamente docile, e sfruttando il momento favorevole, era riuscito a far passare, quasi si trattasse di ordinaria amministrazione, tra il novembre e il gennaio, una serie di misure che davano sempre più all’Italia il colore del Regime. Regolamentazioni sulla stampa e le società segrete, esonero dei funzionari pubblici “infidi”, revoca della cittadinanza ai fuoriusciti, accresciute competenze dei Prefetti, disciplina dei contratti di lavoro, nuove prerogative del Capo del Governo (che acquistava una posizione fortissima e autonoma e rispondeva delle sue decisioni solo alla Corona, non più al Parlamento), facoltà dell’esecutivo di emanare norme giuridiche. Questo gran lavoro parlamentare, che metteva lo spolverino a tutto ciò che il governo preparava, la Camera lo aveva compiuto anche grazie alla sua riapertura anticipata. […]

Ai primi di gennaio, comunque, i “popolari” decisero di scendere dall’Aventino. […] I fascisti erano disposti a riammetterli, appresero, se avessero preventivamente dichiarato di riconoscere “il fatto compiuto della rivoluzione fascista”, e il fallimento dell’Aventino “perché non esisteva una questione morale che investisse il Governo fascista”: e se avessero inoltre promesso di esercitare alla Camera non una “opposizione preconcetta e pregiudiziale” ma una “eventuale critica ai disegni di legge”. Ci mancava poco, insomma, che i fascisti pretendessero dagli oppositori, per tollerare che riprendessero il loro posto, una dichiarazione di fascismo.

L'Italia Littoria in Montanelli, Cervi, Storia d’Italia, vol. VII, p. 205-206.