O due cose che han poco a che fare
La grancassa delle banche d’affari è partita già nella primavera dell’anno scorso quando, il 21 aprile, Marchionne annunciò lo split delle attività. Da allora è stata una specie di marcia trionfale. Il titolo del gruppo di Torino ha guadagnato il 50 per cento circa nel 2010 (addirittura l’80 per cento se si considerano gli ultimi sei mesi), mentre nello stesso periodo l’indice di Borsa è arretrato di oltre il 13 per cento. Insomma, i mercati finanziari puntano alla grande su Marchionne, anche se il titolo Fiat resta ancora lontano dai massimi raggiunti nel luglio del 2007, prima della recessione. Ma ciò che appare per certi aspetti paradossale è che il boom della quotazione ha accompagnato un vero e proprio crollo dei risultati commerciali del gruppo, con la perdita di quote di mercato a favore di più diretti concorrenti.
Vittorio Malagutti, La FIAT a pezzi, FQ, p. 10.
Questo per dire o ripetere che, anche con l’anno nuovo, obbligato fil rouge delle pubblicazioni di oggi (più che altro per i consistenti residui di alterazione alcolica dell’incolpevole o quantomeno preterintenzionale estensore di codesta opera a non-stampa), siam sempre nella stessa situazione grottesca che tutti noi e voi viventi e nascituri osserviamo in questo tetro avvio di secondo decennio del terzo millennio dell’era volgare (sul piano macroeconomico): che se segare i rami su cui si è seduti avesse un valore contrattabile sul mercato, la gente non farebbe altro.
Da molto tempo nebulosamente la follia dei mercati finanziari globali aleggia più o meno da presso sotto l’approssimativo scrutinio delle nostre poco lucide (in generale, non solo il due gennaio) menti. Ma non si riesce mai a trattarla esaustivamente. Cioè che si facciano i soldi con i soldi, speculando su strumenti aggregati che ti fanno guadagnare se un paese, o un’azienda vanno a remengo, e che il valore delle azioni di un’industria manifatturiera aumenti quando la produzione langue e forse è in procinto di esser chiusa, gettando interi comparti economici e città e comunità sul lastrico, che la gente debba far tre lavori per campare mentre un banchiere o un assicuratore guadagnano più di quello che potrebbero spendere in due o tre generazioni di fancazzisti manibucate, è un fatto – che non può non indurre profondo smarrimento.