Questo ingresso dei privati nei Cda di fatto sancisce la necessità di avere relazioni con le imprese e il territorio che molti considerano requisito essenziale. Anche secondo il rettore del Politecnico di Milano, Giulio Ballio, sarebbe un'innovazione positiva se, così vagamente formulata, non finisse con "l'esporre gli atenei meno grandi e organizzati all'assalto dei poteri territoriali. Il rischio è che le università si facciano dettare dalla politica i nomi delle persone da inserire". E la faccenda non è banale visto che il Cda dovrà anche occuparsi di attivare o sopprimere "corsi e sedi". Con che criterio? Se a oggi non è piaciuto il criterio di attivare corsi e istituire sedi anche per piazzare allievi e parenti, potrà piacere ancor meno quello tutto territoriale che imponga lo studio di dialetti o storie locali risibili. O che dirotti le menti più brillanti dell'ateneo a risolvere quesiti di bottega degli imprenditori. Insomma, senza un forte incentivo all'eccellenza con conseguente finanziamento alla ricerca, che dovrebbe essere la cifra e l'obiettivo di un ateneo, l'ingresso del "territorio" nella governance potrebbe tradursi in un'ulteriore provincializzazione delle università. E nella lottizzazione politica del suo governo.
Piero Ignazi, Questa riforma è da riformare, Espresso.it.
Spesa pubblica in istruzione superiore 2007 – Dati OCSE.
Diciamo.
Che raramente nella storia c’è stato qualcuno che abbia avuto un’idea di cosa fare in generale. A parte i soldi. Nella cosa pubblica. Con la cosa pubblica. E io non gli do torto; lo farei anzi anch’io, tanto per esser chiari.
Però allora se bisogna esser chiari non chiamiamola “Riforma Gelmini” questa cosa. Non per solidarietà civica; non solo perché non ne ho, ma perché come si sa Mariastella è di giù. Chiamiamola “Riforma Tremonti-Tosi”. Che il ruolo di Tremonti si capisce, e per Tosi si intende l’ipoteca sulla legge di quella parte di leghismo rampante già entrato a piedi pari nelle banche come leva per tirarsi fuori dai riti stantii, i prati, i raduni, i baffoni a manubrio della Lega prima maniera, ormai morente e degenerata in xenofobia semplice o in berlusconismo, e che col sindaco dalla bocca larga, Cota e Maroni punta di diamante cerca strade nuove. E dopo le banche socchiude una porta per le università, per uscir dal ghetto.
E poi basta.
Il resto si sa come fa Tremonti. Per lui le cure sono da sempre le stesse: digiuno e salassi. Come i cerusici dell’ottocento; avrà visto che a volte allora funzionava.
O ci vorrà abituare al sistema sanitario del nostro domani.