La Costituzione dice che il presidente, quando gli arriva una legge dal Parlamento, ha due opzioni: se gli piace, firma; se non gli piace, respinge al mittente con messaggio motivato alle Camere. La firma con monito, con criticità, con faccia scura, con naso storto, con ditino alzato, con mano sinistra o su una gamba sola non è prevista. E in ogni caso, una volta promulgata, la legge va sulla Gazzetta Ufficiale ed entra in vigore. Come, e soprattutto perché, il governo dovrebbe correggerla dopo “ampio confronto” con gli studenti ignorati per tre anni, soprattutto ora che il Quirinale ha scaricato l’unica arma in suo possesso per imporglielo? Naturalmente, come si fa col nonnetto che raccomanda di coprirsi bene, la Gelmini ha assicurato che “terrà conto” delle osservazioni.
Marco Travaglio, FQ (il primo del 2011), p. 1.
Mentre noi di teofog diciamo all’inizio dell’anno per cercar di non dirlo più, anche se la tentazione è sempre forte, che questo inqualificabile ometto che ha pervertito dall’interno l’unica istituzione che poteva rimanere (temporaneamente) indenne dal contagio berlusconide, questa betoniera di trovate paracostituzionali, semicostituzionali e similcostituzionali per l’esercizio di una carica mai caduta così in basso, è il ritratto dello stato in cui questa nazione al centocinquantesimo anno dalla sua unificazione versa – e non da ora.
Peggio di così, solo scavando.