14.9.09

Il ramo d'oro

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"Se si ritiene che anche le somme divinità, la cui dimora è molto lontana dal tumulto febbrile di questa vita terrena, siano destinate un giorno a morire, non si può certo pensare che un dio, alloggiato in un fragile tabernacolo di carne, possa sfuggire a quella stessa sorte; [...] le culture primitive credono, a volte, che la propria sicurezza e quella del mondo intero dipendano dalla vita di un uomo che si crede immortale, una specie di uomo-dio, o incarnazione umana della divinità. E quindi ne tutelano gelosamente la vita, per tutelare la propria. Ma nulla potrà impedire all'uomo-dio di invecchiare, indebolirsi e, infine, morire. I suoi fedeli debbono fare i contri con questa triste realtà e affrontarla come meglio possono. Non c'è che un modo. L'uomo-dio dev'essere ucciso appena le sue forze danno segni di cedimento, e la sua anima trasferita nel corpo di un successore vigoroso, prima di venire seriamente danneggiata dall'incombente decadimento."
Da Uccisione dei re quando la loro forza deperisce, in James G. Frazer, Il ramo d'oro, Newton Compton, Roma 2006, p. 309.