21.5.11

Movimento 15-M

Manifesto (En)

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We are ordinary people. We are like you: people, who get up every morning to study, work or find a job, people who have family and friends. People, who work hard every day to provide a better future for those around us.
Some of us consider ourselves progressive, others conservative. Some of us are believers, some not. Some of us have clearly defined ideologies, others are apolitical, but we are all concerned and angry about the political, economic, and social outlook which we see around us: corruption among politicians, businessmen, bankers, leaving us helpless, without a voice.
This situation has become normal, a daily suffering, without hope. But if we join forces, we can change it. It’s time to change things, time to build a better society together. Therefore, we strongly argue that:

  • The priorities of any advanced society must be equality, progress, solidarity, freedom of culture, sustainability and development, welfare and people’s happiness.
  • These are inalienable truths that we should abide by in our society: the right to housing, employment, culture, health, education, political participation, free personal development, and consumer rights for a healthy and happy life.
  • The current status of our government and economic system does not take care of these rights, and in many ways is an obstacle to human progress. 

15.5.11

Una giornata un po’ così

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Noblesse oblige

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Via Orzinuovi, parcheggio Fleming. Notare la finezza del preservativo in punta di cofano, in pelle o simil-tale. Forse di prepuzio di balena. Elegantissimo.

Il silenzio degli indecenti

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Genoestorsione

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Sembra certo ormai un nuovo prestito da Europa e Fondo monetario da 60 miliardi e un piano di privatizzazioni da cui il governo spera di ricavarne almeno altri 50. “Sono tutte misure inevitabili, ma non rappresentano la soluzione - spiega Yanis Varoufakis, docente di Economia all'Università di Atene - Questi soldi non raggiungono l'economia reale, perché il governo li usa per ripagare le banche tedesche e francesi che hanno in pancia la maggior parte del debito pubblico greco”.

In effetti da quando Atene ha accettato la ricetta messa a punto da Fondo Monetario e Unione Europea (un prestito da 110 miliardi di euro da restituire in sette anni e mezzo al 4,2 per cento di interesse) il potere d'acquisto dei greci si è decisamente ridotto. I lavoratori hanno visto scomparire d'un tratto tredicesima e quattordicesima, gli scatti di anzianità sono stati congelati e così le pensioni. Nel frattempo però i prezzi sono aumentati. Per capirlo basta uscire dalla città e imboccare l'autostrada: capita di percorrere decine di chilometri senza incrociare un'altra auto. Colpa dell'aumento dell'Iva (dal 19 al 23 per cento) che ha fatto schizzare la verde oltre gli 1,8 euro al litro, quasi il doppio rispetto a un anno fa. Stesso discorso per alcool, sigarette e beni di lusso.

Federico Simonelli e Stefano Vergine, “IO NON PAGO”, RIVOLTA ANARCHICA IN GRECIA CONTRO LA CRISI DA DEBITO, FQ, p. 10.

Se esiste il genocidio, e ve lo potrà dire anche un bambino di prima elementare, sarà bene iniziare a pensare che non solo può esistere, ma esiste e vive in mezzo a noi anche la genoestorsione, o il genolatrocinio, o la genograssazione, perché con un lessico nel quale queste voci non sono contemplate sarà difficile vivere al passo coi tempi nel prossimo futuro.

Questa è la democrazia. Che uno lavora, si priva di tutto, occupa quella risibile finestra di eternità cui gli è concesso di assistere in un’interminabile, estenuante – e in definitiva vana – ricerca di pace e dignità. E un giorno arrivano un politico, un banchiere ed uno sbirro. E il primo decide che devi dare tutto quello che hai al secondo, se no il terzo di sfonda il cranio. E non c’è niente, niente che tu possa fare se non obbedire e stare zitto. E continuare a sudare perché qualcuno, da qualche parte, possa sedere in costose poltrone escogitate da capricciosi designer con velleità ergonomistiche, vestire abiti firmati, cibarsi di alimenti spregiudicatamente e scapigliatamente accostati, presentati con scapestrata innovatività da cuochi con velleità designeristiche.

E basta.

Quirinale

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Perché dov'è arrivato [Berlusconi] ha portato una punta ulteriore di volgarità, la volgarità che è diventata la sua bandiera. Questa volgarità di cui sento la vergogna in tutti i paesi del mondo. Ed è una volgarità da cui dobbiamo riscattarci, perché essa colpisce la nostra dignità e soprattutto il nostro futuro. Il futuro di noi italiani, di tutti noi italiani. […]

In questi giorni dicono le statistiche che nel mondo si arriva a 7 miliardi di persone. E qualcuno dirà che collocarsi nel mondo sia un atto di ambizione, un atto di follia per una città che ha circa 380 mila abitanti: quello che nella Cina può essere considerato un condominio. Ed è però questa la nostra sfida: la nostra sfida è proprio quella di misurarsi nel mondo. Di non avere paura, la paura che è il sentimento dominante di tutti, che ha corroso le radici del nostro paese. […] Noi non dobbiamo e non possiamo avere paura. Perché è sulla paura che la Lega sta fondando la sua campagna […]. Paura della globalizzazione, paura degli immigrati, paura di tutto. Ricordatevi che con la paura si perde. Da quando il paese è governato dal matrimonio tra Berlusconi e la Lega, il paese non fa che registrare sconfitte.

Romano Prodi per la chiusura della campagna elettorale di Bologna.

E con ciò, dalla possente cassa di risonanza di codesto nostro mattinale weekendizio, parte ufficialmente la campagna di sostegno alla candidatura del Professore alla presidenza della Repubblica. Come ultimo vero statista italiano e politico senza doppi fondi, uomo vero e non eterno adolescente infoiato, osservante e tutore della legge e non suggeritore sottobanco di escamotage ed exit strategy, non ci sarebbe migliore e più salvifico rimedio alla fase di putrescenza del berlusconismo ora in corso, destinata a non chiudersi presto, nonché benefico medicamento per le tumefazioni lasciate sul volto mistico della suprema carica repubblicana dall’indegno, laido, doppio, falso e stolido Napolitano, specchio rovesciato dei tempi perniciosi e squallidi che ci sono toccati in sorte. Tanto siamo da sempre contrari ad un ritorno di questo nostro unico piccolo umile modesto uomo di Stato in una politica volgare e indegna, irrimediabilmente serva di finalità e metodi che niente hanno di repubblicano e politico, quanto siamo e saremo favorevoli al suo insediarsi al fatal colle per un ultimo, estremo, disperato tentativo di rinascita democratica e civile.

Vai Romano.

8.5.11

Il club degli incorreggibili ottimisti

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Ogni giorno che passava rendeva l’assenza di Cécile più dolorosa. Leonid cercava di convincermi che bisognava sperare, forzare il destino, aspettare il momento buono.
“Devi essere perseverante” cominciò. “Non sarà la prima donna a cambiare parere”.
“Spiacente di contraddirti” lo interruppe Igor. “È inutile farsi illusioni. Quando è importante, loro non cambiano parere”.
“Non è vero!” urlò Leonid.
Si lanciarono in una discussione interminabile e animata. Senza accorgersene, parlarono in russo. Igor se ne rese conto per primo e tornò al francese.
“Non riusciamo a metterci d’accordo. Non si sa se è meglio aspettare e sperare o farsi una ragione e rinunciare”.
“Domani andrà meglio. Spiacente di constatarlo Igor Emilevic, ma sei negativo. Io sono ottimista”.
“Sono ottimista anch’io” disse Igor. “Il peggio è davanti a noi. Rallegriamoci di quello che abbiamo”.

Il club degli incorreggibili ottimisti, Cit., p. 429.

Fantastico.

Treponzi

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La salvezza di Atene sarebbe stata quella di non essere entrata nell’euro, di non aver avuto accesso a prestiti facili con bassi tassi d’interesse che hanno fatto raggiungere al paese l’apogeo della bolla finanziaria con le spese faraoniche fatte per le Olimpiadi del 2004. Grazie alla bolla olimpica i cittadini greci hanno conosciuto una crescita economica del 4 per cento annuo dal 2003 al 2007. […] L’Europa ha tentato di mascherare questi dati con un piano di aiuti pasticciato, fatto di un prestito emergenziale che è servito solo a ripagare le banche straniere dei crediti verso Atene: la maggior parte dei 110 miliardi sono finiti nelle casse delle banche di quei Paesi che avevano erogato il prestito. Germania, Francia ed Olanda non hanno salvato il popolo greco hanno salvato i propri banchieri da perdite miliardarie in caso di insolvenza greca.

E lo hanno fatto con il concorso di tutti anche di chi, come l’Italia, non aveva una esposizione considerevole al rischio greco. La stessa cosa è stata fatta con l’Irlanda e sarà fatta con il Portogallo. Ma quanto può durare? Sempre più investitori ed economisti pensano che le istituzioni europee abbiano messo in piedi un gigantesco schema Ponzi: come nella vicenda Madoff i primi a tirare fuori i soldi (le banche private europee ed americane) riporteranno a casa i capitali con dignitosi profitti, gli ultimi rimarranno con il cerino in mano e subiranno le conseguenze di perdite disastrose. Nella piramide messa in piedi dall’Ecofin e dalla Banca centrale europea alla base ci sono i cittadini dell’Unione e ai vertici i banchieri. Le finanze pubbliche sostengono il pagamento dei debiti dei paesi in difficoltà, le banche creditrici incassano e poi non erogano più credito e il gioco è fatto gli unici creditori rimangono gli stessi Stati europei che hanno la scelta o di trasferire i costi tramite la fiscalità generale o di non pagare a loro volta i propri debiti. Tutti sanno che lo schema non regge che prima o poi crollerà, ma i politici non pensano a lungo termine, come tanti Madoff spostano in avanti il problema.

Superbonus, FQ, p. 10.

E noi Superbonus, pur non sapendo chi sia, ci fidiamo.

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Veniamo a noi. A quella, tra ogni altra marchiana, abominevole e grottesca falsificazione lessicale, tra tutte le mistificazioni linguistiche e i canaglieschi espedienti del vario repertorio della macchina universale della distrazione di massa, con cui alcuni selezionati individui mediocri, armati di potenti strumenti divulgativi, turlupinano e umiliano ogni giorno le intelligenze di milioni di uomini e donne, che – sotto gli occhi di una maggioranza distratta e connivente – le fa impallidire tutte. Sì, che concetti come “democrazia” e “intervento umanitario” applicati al mondo che ci circonda spingano, naturalmente, allo smarrimento e all’indignazione il pensatore attento e il fine culturologo, e tutte le figure che si aggirano cogitabonde nella redazione di codesto nostro foglio, mentre – e qui sta molta della sofferenza quotidiana dei grandi uomini – vengono accettate acriticamente, talvolta entusiasticamente propugnate dal volgo, si può ancora capire.

Ma non la corsia di accelerazione. Questa lingua d’asfalto, che l’inesauribile genio creativo dell’umanità ha escogitato per lenire, e se necessario debellare l’ancestrale piaga dell’immissione su strade a scorrimento veloce (extraurbane principali in particolare) per fare sì che, incrementando progressivamente la propria velocità, l’uomo potesse inserirsi nella circolazione veicolare in maniera armonica e pacifica. Se dovrà essere questa testata a denunciare la fine che ha fatto, ciò che avviene nelle corsie di accelerazione di tutto il mondo ogni mattina e sera, senza posa da quando se ne ha memoria, non sarà certo restia a bere anche questo amaro calice. Anche se è esperienza di tutti. Che questi mirabili prodotti dell’ingegneria sono quotidianamente invariabilmente teatro di eventi che niente hanno a in comune con il modo in cui vengono chiamate. Sì. Perché le corsie di accelerazione non sono già sfruttate dal conducente con giudizio e parsimonia per fermarsi, se necessario, se c’è traffico, all’inizio, con tutto lo spazio e il futuro davanti - e poi, occhio allo specchietto, e piede a martello al primo spiraglio per immettersi qualche metro più in là. No. Tutti i giorni bisogna assistere impotenti a corsie impegnate per marce timide e stentate, andature pavide e caracollanti in cui si consuma tutta la lunghezza data, coronate da imbelli stasi. Decorsi strazianti e inani proprio laddove l’intelligenza dei nostri avi, loro inventori, presupponeva il massimo della celerità e sveltezza - in fondo. Invece dell’accelerazione, ogni giorno un lento, fatalistico incedere verso l’inesorabile, verso il guardrail, vittime del proprio stesso abusato arbitrio. Fermi. Senza più spazio mentre a sinistra il traffico sfreccia a folle velocità, indifferente.

Ed ecco allora i goffi ingressi in statale a cinque all’ora, mentre tu arrivi a centoventi. Ecco alle sette di mattina le atroci bestemmie di uomini altrimenti distinti, anche eleganti. Ecco la vista su una strada libera e vergine davanti a te, quando non puoi fare niente, di uno fermo che, con flemma bovina, a volte senza freccia, proprio mentre arrivi si pianta ieratico in prima in mezzo ai coglioni; e poi, forse, se va bene, accelererà.

Se va bene, forse.

Sapiens

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Io sono come tutti gli altri, se non fossi scappato, sarei nel profondo della Siberia. In un buco gelato. Mi godo ogni nuovo giorno come se fosse un regalo. Per anni ho lavorato come un pazzo, senza badare a orari, senza riposarmi. Per niente. Tempo che mi era stato dato e che io ho perso. Oggi, leggo, dormo, ascolto i concerti alla radio, vado a spasso per Parigi, chiacchiero con la gente, vado al cinema, faccio la siesta, nutro i gatti del quartiere, e quando non ho più il becco d’un quattrino, trovo il modo di arrangiarmi oppure vado a lavorare. Il minimo indispensabile. Non sono mai stato così felice in vita mia. Lo scandalo non è lo sfruttamento, è la nostra stupidità. […] Il giorno della grande separazione, chi ha avuto ragione non è stato il fesso che è sceso dall’albero per diventare sapiens, è stata la scimmia che ha continuato a raccogliere i frutti grattandosi la pancia. Gli uomini non hanno capito niente dell’Evoluzione. Chi lavora è il re dei coglioni.

Jean-Michel Guenassia, Il club degli incorreggibili ottimisti, Adriano Salani Editore, 2011, p. 463.

Lukashenko, chi è questo?

Il Ministro della Difesa. Ministro della Difesa.

1.5.11

La vita in diretta

Roma e Provincia sfiorano i 4 milioni di abitanti e i conti sono presto fatti, e c’è poco da meravigliarsi che succedano tragedie come quella che ha colpito Lamberto Sposini. Nel caso specifico, a bordo dell’ambulanza non c’era il medico, quindi il personale ha dovuto puntare sull’ospedale più vicino. E quella che è partita da via Teulada è andata dritta al Santo Spirito. Peccato che lì il reparto di neurochirurgia è chiuso dal gennaio del 2011 e intanto medici e infermieri attendono il trasferimento al San Camillo. Nel frattempo sono costretti a girarsi i pollici. […]

Tagli per 2 mila e ottocento posti letto. Ventiquattro ospedali chiusi. Nella Capitale la “mannaia” della Polverini si abbatte sul Santo Spirito, meno sessanta posti letto, e sul Centro Traumatologico Ortopedico della Garbatella che ne perde cento. Ma c’è anche chi ci guadagnerà. In primis, Il Campus Biomedico di Trigoria, fiore all’occhiello dell’Opus Dei, che potrà aumentare di 22 i posti letto ma soprattutto è stato autorizzato ad aprire il Pronto Soccorso. Un bel regalo anche al Policlinico Casilino che vedrà aumentare le degenze di 80 posti. La struttura è davvero atipica: la proprietà è privata ma il personale è pubblico, quindi pagato direttamente dalla Regione. Proprietario l’intramontabile Giuseppe Ciarrapico, manager, giornalista e senatore del Pdl.

FQ.

26.4.11

Sapevatelo

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L’obiettivo è ridurre il rapporto tra debito e Pil come richiesto dal “Patto per l’euro” (approvato anche dall’Italia nel Consiglio europeo) di un ventesimo all’anno per la parte che eccede il 60 per cento del debito sul Pil (in teoria, per l’Italia, 45 miliardi all’anno, in pratica sarà un po’ meno).

Stefano Feltri, A SINISTRA DEL BUCO, FQ, p. 10.