29.9.13

Il potere all’assalto dei confini fragili tra Stato e Antistato

di Gustavo Zagrebelsky

DALL’OMICIDIO LIMA ALLE STRAGI DI MAFIA FINO A OGGI LA REPUBBLICA MALATA RACCONTATA DA SANDRA BONSANTI

Nell’esercizio di memoria che Sandra Bonsanti ci propone, sono ripercorse le tappe principali della storia nichilista e criminale del rapporto potere-denaro svoltosi negli ultimi decenni e nascosto sotto il manto della democrazia. Questa è la chiave per la comprensione di che cosa significa il titolo dell’ultimo capitolo: ‘Stato e Antistato’, dove si discute del rapporto degenerato tra queste due realtà con riferimento soprattutto al passaggio capitale (e tuttora rimasto avvolto nel mistero) dell’uccisione di Salvo Lima, della stagione delle stragi, del riassetto, tramite trattative, dei rapporti con la politica, dell’isolamento di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e del criminale abbandono alla violenza mafiosa di cui sono stati vittime.     


LA TRAMA di questo rapporto era intessuta già da molto tempo, fin dalla Costituente. I fili nascosti si chiamano neofascismo sopravvissuto e protetto dopo la caduta del regime, mafie di varia natura e collocazione geografica, consorterie e poteri occulti, massoneria deviata e magistrati corrotti, P2 (“cabina di regia”, “Fondazione” di tante trame, crogiolo di quel sedicente Piano di rinascita che attirò l’interesse perfino del presidente della Repubblica d’allora), servizi segreti, Gladio e Noto servizio (struttura persa nelle nebbie dell’oblio), uomini politici compromessi, pesci da fondo e giovani arrembanti, tutti variamente coinvolti in traffici e “affari”, spesso “soci in affari” i cui rapporti sono rimessi alla cura di quella figura, anzi di quella vera e propria professione, tutta nostra, del “faccendiere” (cosa diversa dal lobbista). L’Italia, dietro l’apparenza e la retorica della vita bella o della bella vita, è un Paese tragico. Chi ha fatto il conto di tutti morti? E in quale altro Paese vicino al nostro il saldo sarebbe così tragicamente elevato? La causa è comune. Tutti i grandi scandali economico-finanziari (Calvi, Ior, Banco Ambrosiano, Banca privata italiana, Italcasse, ecc.), tutte le tragedie e gli assassinii politici (su tutti, l’assassinio di Aldo Moro, ma anche di Piersanti Mattarella e di tanti uomini delle istituzioni: amministratori non compromessi, magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e servitori dello Stato impegnati a far luce in quella trama), stragi di semplici cittadini la cui morte innocente fu messa su un piatto della bilancia per ottenere posizioni di potere sull’altro piatto: tutto questo si spiega alla luce di una lotta che, alla fin fine, ha per posta flussi illeciti di denaro, equilibri politico economico finanziari, appropriazioni indebite di risorse pubbliche. La Repubblica, malgrado tutto, ha retto. Ma a quale prezzo! Si può pensare che, se la Repubblica non è andata in pezzi, è stato soprattutto perché l’impasto di questi fattori non è riuscito a coagularsi in un blocco d’interessi compatto e in un progetto eversivo efficace, prima ancora che per la resistenza delle forze costituzionali che, in verità, solo all’epoca del terrorismo sono state messe alla prova: dunque, avendo di fronte a sé un nemico di tutt’altra natura. Quale natura? Allora si trattava di un conflitto definito nei termini di Stato e Antistato. E si comprende come sia stata possibile la coalizione di tutto ciò (interessi legittimi e illegittimi) che stava nello Stato, cioè la coalizione dell’establishment senza tante distinzioni, contro le forze che tentavano di sconfiggerlo, in blocco.     

OGGI, la distinzione e i confini sono molto meno netti, sono labili, aggirabili, ambigui. Si discute di “doppio Stato”, di “sotto-Stato”, di “sovra-Stato”, di “criptogoverno”: tutte espressioni che non sembrano adeguate a descrivere quella che è una commistione, fatta di cointeressenze, compromissioni, condivisioni, inquinamenti, trattative e accordi di potere, compiacenze e favoreggiamenti nei confronti di comportamenti illeciti: dai favoritismi nelle pubbliche gare e dalla tolleranza verso gli evasori fiscali, all’espropriazione dei risparmiatori per operazioni finanziarie spericolate, all’uso del denaro per comperare la politica e i politici. Perciò, la cospirazione contro lo Stato è capillare, non necessariamente pianificata da una mente complottista, ma non per questo meno pericolosa. È più pericolosa, perché non solo il nemico è meno visibile, anzi spesso è invisibile, ma, soprattutto, è più difficile definire e sua forma più greve e brutale come garanzia del denaro e del potere, sorreggentisi reciprocamente e spudoratamente, magari sotto forma delle esigenze dei “mercati”, parallele a quelle che, prima, erano le esigenze della “libertà”.     

Tratto dalla postfazione de "Il gioco grande del potere" di Sandra Bonfanti, Chiarelettere 2013.