di Gustavo Zagrebelsky
DALL’OMICIDIO LIMA ALLE STRAGI DI MAFIA FINO A OGGI LA REPUBBLICA MALATA RACCONTATA DA SANDRA BONSANTI
Nell’esercizio di memoria che Sandra
Bonsanti ci propone, sono ripercorse le tappe principali della storia
nichilista e criminale del rapporto potere-denaro svoltosi negli ultimi
decenni e nascosto sotto il manto della democrazia. Questa è la chiave
per la comprensione di che cosa significa il titolo dell’ultimo
capitolo: ‘Stato e Antistato’, dove si discute del rapporto degenerato
tra queste due realtà con riferimento soprattutto al passaggio capitale
(e tuttora rimasto avvolto nel mistero) dell’uccisione di Salvo Lima,
della stagione delle stragi, del riassetto, tramite trattative, dei
rapporti con la politica, dell’isolamento di Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino e del criminale abbandono alla violenza mafiosa di cui sono
stati vittime.
LA TRAMA di questo rapporto era
intessuta già da molto tempo, fin dalla Costituente. I fili nascosti si
chiamano neofascismo sopravvissuto e protetto dopo la caduta del regime,
mafie di varia natura e collocazione geografica, consorterie e poteri
occulti, massoneria deviata e magistrati corrotti, P2 (“cabina di
regia”, “Fondazione” di tante trame, crogiolo di quel sedicente Piano di
rinascita che attirò l’interesse perfino del presidente della
Repubblica d’allora), servizi segreti, Gladio e Noto servizio (struttura
persa nelle nebbie dell’oblio), uomini politici compromessi, pesci da
fondo e giovani arrembanti, tutti variamente coinvolti in traffici e
“affari”, spesso “soci in affari” i cui rapporti sono rimessi alla cura
di quella figura, anzi di quella
vera e propria professione, tutta nostra, del “faccendiere” (cosa
diversa dal lobbista). L’Italia, dietro l’apparenza e la retorica della
vita bella o della bella vita, è un
Paese tragico. Chi ha fatto il conto
di tutti morti? E in quale altro Paese vicino al nostro il saldo
sarebbe così tragicamente elevato? La causa è comune. Tutti i grandi
scandali economico-finanziari (Calvi, Ior, Banco Ambrosiano, Banca
privata italiana, Italcasse, ecc.), tutte le tragedie e gli assassinii
politici (su tutti, l’assassinio di Aldo Moro, ma anche di Piersanti
Mattarella e di tanti uomini delle istituzioni: amministratori non
compromessi, magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e
servitori dello Stato impegnati a far luce in quella trama), stragi di
semplici cittadini la cui morte innocente fu messa su un piatto della
bilancia per ottenere posizioni di potere sull’altro piatto: tutto
questo si spiega alla luce di una lotta che, alla fin fine, ha per posta
flussi illeciti di denaro, equilibri politico economico finanziari,
appropriazioni
indebite di risorse pubbliche. La
Repubblica, malgrado tutto, ha retto. Ma a quale prezzo! Si può pensare
che, se la Repubblica non è andata in pezzi, è stato soprattutto
perché l’impasto di questi fattori
non è riuscito a coagularsi in un blocco d’interessi compatto e in un
progetto eversivo efficace, prima ancora che per la resistenza delle
forze costituzionali che, in verità, solo all’epoca del terrorismo sono
state messe alla prova: dunque, avendo di fronte a sé un nemico di
tutt’altra natura. Quale natura? Allora si trattava di un conflitto
definito nei termini di Stato e Antistato. E si comprende come sia stata
possibile la coalizione di tutto ciò (interessi legittimi e
illegittimi) che stava nello Stato, cioè la coalizione
dell’establishment senza tante distinzioni, contro le forze che
tentavano di sconfiggerlo, in blocco.
OGGI, la distinzione e i confini
sono molto meno netti, sono labili, aggirabili, ambigui. Si discute di
“doppio Stato”, di “sotto-Stato”, di “sovra-Stato”, di “criptogoverno”:
tutte espressioni che non sembrano adeguate a descrivere quella che è
una commistione, fatta di cointeressenze, compromissioni, condivisioni,
inquinamenti, trattative e accordi di potere, compiacenze e
favoreggiamenti nei confronti di comportamenti illeciti: dai favoritismi
nelle pubbliche gare e dalla tolleranza verso gli evasori fiscali,
all’espropriazione
dei risparmiatori per operazioni
finanziarie spericolate, all’uso del denaro per comperare la politica e i
politici. Perciò, la cospirazione contro lo Stato è capillare, non
necessariamente pianificata da una mente complottista, ma non per questo
meno pericolosa. È più pericolosa, perché non solo il nemico è meno
visibile, anzi spesso è
invisibile, ma, soprattutto, è più
difficile definire e sua forma più greve e brutale come garanzia del
denaro e del potere, sorreggentisi reciprocamente e spudoratamente,
magari sotto forma delle esigenze dei “mercati”, parallele a quelle che,
prima, erano le esigenze della “libertà”.
Tratto dalla postfazione de "Il gioco grande del potere" di Sandra Bonfanti, Chiarelettere 2013.