QUESTI TIMORI [di declassamento del debito dovuto all'instabilità politica - NdR] si tradurranno in un probabile aumento dello spread, la differenza di costo tra debito italiano e tedesco: venerdì era a 264 punti, ma da domani potrà soltanto salire. Con due conseguenze: aumentare la spesa per interessi dello Stato (oggi stimata a 86 miliardi nel 2014 e 88,8 nel 2015, nell’ipotesi che lo spread vada a 100 in tre anni), costringendo quindi il Tesoro ad altri tagli e tasse. Inoltre un aumento dello spread ridurrà il valore dei Btp in portafoglio alle banche italiane, rendendo i loro bilanci più fragili: secondo il Fondo monetario hanno bisogno di almeno 6 miliardi di capitale fresco, anche per affrontare il costante aumento delle sofferenze, cioè dei crediti che non saranno rimborsati.Stefano Feltri, FQ, p. 4.
Sarà la spontanea inclinazione a prefigurare il peggio. Sarà un pregiudizio ideologico. Ma sembra che il Presidente della Repubblica, il Governo, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica, insomma in genere le "Istituzioni", intesi ovviamente come gli uomini che si sono succeduti in vari incarichi (sia in senso diacronico, sia, purtroppo, molti anche in senso sincronico, es. v. infra) negli ultimi 35 anni circa, abbiano fatto un gran buon lavoro; i loro eredi di oggi, però, gli Alfano, Amato, Berlusconi, Casini, De Girolamo, Letta, Lorenzin, Lupi, Napolitano, ecc., stanno facendo ancora di più per porre le basi di un serio e totale depauperamento dei cittadini italiani. Non una cosa da carestia eh. Ma va là. Solo un altro passo del corpo elettorale verso l'indigenza di fatto, la povertà relativa. Percorso già intrapreso con successo, e in buona parte compiuto, da ampi strati della popolazione (escluso naturalmente lo zerovirgola di ricchi e straricchi sull'opposta carreggiata).
Una spirale verso il basso, segnata se del caso da perdita o indisponibilità della casa (di proprietà o in locazione), pasti presso varie mense (sovente gestite da istituzioni religiose, chissà come e perché), collette alimentari, insomma verso la diffusione universale dei "poveri lavoratori". Intesa non come figura retorica di commiserazione o compatimento, ma proprio come misura reddituale. Di chi lavora e fa la fame. Non vive, sopravvive. Paga le imposte. Versa le accise. Getta quotidianamente il frutto del proprio lavoro, l'intera vita, nell'apposito orifizio di una Casta mangiona, che si chiama "politica" ma di politico non fa niente, non amministra, non gestisce, non prevede, non tutela: si limita ad assorbire bulimica tutto ciò che le capita a mano, restituendolo, saltuariamente, sotto forma di vomito - qualche carica di polizia, qualche bombetta pseudoanarchica, perché no, qualche dito medio alzato nel tragitto tra auto blu e buvette. L'immenso parassita ha ormai schiantato la Repubblica dei partigiani, degli insigni giuristi e degli specchiati signori del dopoguerra.
Volendo evitare lunghe digressioni teoriche la Redazione si limita ad osservare che, se lo Stato non fa lo Stato (semplificando: evitare bellum omnium contra omnes, e - magari - salvaguardare la salute, integrità e dignità della persona mediante la redistribuzione della ricchezza), beh automaticamente non è più lo Stato di tutti, le cui leggi e disposizioni vanno rispettate osservate e onorate. Ma diventa nemico dell'uomo-cittadino. Una tirannide, a suo modo. E di solito è preciso dovere dei cittadini non assecondare la tirannide. Diciamo così.