Un Presidente lo abbiamo ma non è quello che serviva
di Bruno Tinti
Un Presidente della Repubblica ce
l’abbiamo. Ma non è quello che ci serviva. Per tante ragioni. Prima di
tutto perché non è stato un buon Presidente nel settennato appena
trascorso. I suoi estimatori dimenticano (con una faccia di tolla
invereconda) che Napolitano ha promulgato tutte le leggi vergogna che B.
si era costruito per sfuggire alla galera (non solo i vari lodi
sull'immunita, ma anche il legittimo impedimento). Ha firmato anche,
senza battere ciglio, la legge sullo scudo fiscale e una legge sulla
corruzione che non vale la carta (anche poca) su cui è stata scritta.
IN SECONDO LUOGO perché una prassi
durata cinquanta anni è stata violata nel momento meno opportuno e per
la ragione meno commendevole. Mai un Presidente della Repubblica è stato
eletto una seconda volta. Perché? Tanto per cominciare perché affidare a
una persona anziana un ruolo così impegnativo significa di fatto
accettare che esso sia svolto dall'apparato, dai vari consiglieri e
consigliori che già tanto male hanno fatto, come chiunque ricordi la
vicenda
delle interferenze nel processo
della trattativa Stato-mafia agevolmente può confermare. Lo stesso
Napolitano aveva perentoriamente detto che ragioni anagrafiche si
opponevano alla sua rielezione. Ma soprattutto perché non è un caso che
il mandato del Presidente della Repubblica duri 7 anni.
LA COSTITUZIONE ha voluto evitare di
affidare a una figura istituzionale così rilevante un potere privo di
controllo. Che senso ha il cosiddetto semestre bianco, l’impossibilità
per il
Presidente della Repubblica di
sciogliere le Camere negli ultimi 6 mesi del suo mandato, quando la
stessa persona si troverà a poter usufruire di tale prerogativa magari
pochi giorni dopo la caduta di un governo sfiduciato? Non si è pensato
alla sterilizzazione che in questo modo si è fatta dei delicati
equilibri costituzionali tra Presidenza della Repubblica, Parlamento e
governo? Quattordici anni a capo dello Stato! Molte monarchie hanno
avuto una durata inferiore.
TUTTO CIÒ, come detto, nel momento
meno opportuno. Un Paese nel caos, un Parlamento paralizzato da
insanabili divisioni, una sfiducia dilagante nei confronti della
politica avrebbero imposto una figura non appartenente alla stessa
categoria di gente che a tali abissi ci aveva condotto. Quell’accordo
tra le forze politiche più sane che la ragione non era capace di
accettare sarebbe stato imposto dalla necessità e l’Italia avrebbe avuto
non solo un Presidente autorevole, ma un governo in grado di assicurare
una ragionevole durata. Che succederà ora, quando il nodo del premier
cui affidare il compito di formare il governo si presenterà di nuovo, in
uno scenario ancora più conflittuale di prima?
Tutto ciò, come detto, per la
ragione meno commendevole. Cosa ha Napolitano che Rodotà non avesse? Una
somma di caratteristiche che si possono riassumere in una parola:
appartenenza. Al sistema, alle fazioni, alla casta. Per questo è stato
eletto: perché i tiranni che detengono il potere non vogliono lasciarlo;
in verità non possono lasciarlo, ne va della loro sopravvivenza. Rodotà
significava la fine dei partiti quali li abbiamo conosciuti.
Un mondo nuovo, civile, rispettoso
della legalità. Che B&C non potessero permetterselo è ovvio. Che
anche il Pd abbia ritenuto di accettare l'inaccettabile probabilmente
non deve stupire.