Marco Travaglio, FQ, p. 1
Si avvicina il giorno
dell’inventario dei danni fatti in questi sette anni da Giorgio
Napolitano. Dalle firme apposte alla velocità della luce sulla peggiori
leggi vergogna di B., in gran parte incostituzionali, ai continui moniti
a ogni indagine giudiziaria che coinvolgesse il potere
(Unipol-Antonveneta, Potenza, Why Not, Salerno-Catanzaro, Rai-Mediaset,
lady Mastella, Rifiutopoli a Napoli, Ruby, trattativa Stato-mafia)
contro il presunto “scontro fra politica e magistratura” che mettevano
sullo stesso piano i politici aggressori e i pm aggrediti. Dalla
riabilitazione di Craxi agli attacchi a Grillo proprio alla vigilia di
tornate elettorali. Dal progressivo ampliamento dei poteri e
delle prerogative presidenziali, ben oltre i limiti della Costituzione,
fino alla pretesa da monarca assoluto di non essere ascoltato neppure
quando parla con un inquisito intercettato. Dalle interferenze
nell’indagine palermitana sulla trattativa per conto di Mancino al
recente, incredibile diktat ai magistrati (che han subito obbedito senza
fiatare) di sospendere i processi a B. per marzo-aprile in nome di
inesistenti impedimenti politico-istituzionali.
E poi il salvataggio di B. nel novembre 2010 con
il rinvio del voto di sfiducia a
dopo la finanziaria (intanto quello comprava deputati un tanto al
chilo). E il risalvataggio di B. nel dicembre 2011 con l’idea geniale
del governo Monti al posto delle elezioni che avrebbero asfaltato il
Caimano. E il rifiuto opposto ai 5Stelle di considerare un premier
apartitico (ingenuamente non indicato dai grilli) per favorire
l’inciucio Pd-Pdl, con “saggi” incorporati. E la gestione demenziale del
caso dei due marò, ricevuti in pompa magna al Quirinale come eroi
nazionali. E, dulcis in fundo, le grazie concesse ad Alessandro
Sallusti, condannato a 14 mesi per aver pubblicato su Libero notizie
false, mai smentite e gravemente diffamatorie contro un giudice
torinese; e al colonnello americano della Nato Joseph Romano, condannato
a 7 anni definitivi per il sequestro di Abu Omar e latitante dal 2007.
Mai, prima d’ora, l’istituto della
grazia era stato usato per sconfessare sentenze definitive appena
pronunciate e salvare condannati che non avevano scontato un giorno di
pena. A riprova del fatto che Napolitano è convinto di essere il capo
della magistratura, legittimato a impartirle ordini e a raddrizzarne i
verdetti se non collimano con i suoi capricci o con le pretese di un
“alleato” che tratta l’Italia come il cortile di casa propria, dal
Cermis ad Amanda Knox. Forse non tutti colgono lo scandalo di questa
grazia. Romano è stato giudicato colpevole dalla Cassazione per aver
rapito nel 2003 - insieme a 27 agenti Cia e con l’appoggio del Sismi del
generale Pollari - l’imam di Milano e averlo poi imbarcato della base
Nato di Aviano a quella di Ramstein, e di lì al Cairo, dove fu
interrogato e torturato per mesi. Il sequestro – scrive la Cassazione -
“venne realizzato per trasportare il prigioniero in uno Stato, l’Egitto,
nel quale era ammesso l’interrogatorio sotto tortura, a cui Abu Omar fu
effettivamente sottoposto”. E pazienza se “la tortura è bandita non
solo dalla leggi europee”, ma anche da mezza dozzina di convenzioni Onu e
Ue. Tutte regolarmente sottoscritte dall’Italia, tutte violate dai
sequestra-tori italiani e americani di Abu Omar e dai governi italiani
di destra e di sinistra, che dal 2006 a oggi proteggono questi
delinquenti col segreto di Stato, con tre conflitti di attribuzioni
contro i giudici alla Consulta e col
blocco dei mandati di cattura disposti dai giudici per assicurarli
finalmente alla giustizia.
Chissà che ne pensa la neopresidente
della Camera Laura Boldrini, giustamente sensibile ai diritti umani,
del sequestro e della grazia a un latitante che non ha scontato un
giorno di galera e non rischiava neppure l’arresto. Si spera che al
prossimo giro salga al Quirinale un custode della legalità e della
Costituzione.
So solo dire: "word". Dalla prima riga all'ultima.