Oggi faccio outing. Sono costretto dagli eventi. So che circola una mia foto ed è stata proposta a giornali del calibro del Corriere della Sera, del Giornale, di Libero e del Corrierino dei Piccoli. E' una foto che gira da anni. Risale al 1989. Potrebbe distruggere la mia carriera. So che vi farete delle domande. Perché non ho mai parlato dell'incontro avvenuto in una caserma dei Carabinieri? Perché questo scatto è stato occultato per anni? Perché non ho avvertito il mio manager? Perché, dopo la cena, Iva Zanicchi continuò a presentare:"Okay il prezzo è giusto" al mio posto? E ancora, perché ho dato del ladro a Craxi in televisione a cui seguì il mio esilio televisivo? Chi me lo ha fatto fare? A quest'ultima domanda posso rispondere: me l'hanno ordinato la CIA e Antonio Di Pietro, che già allora agiva nell'ombra. "Un complotto organizzato a tavolino per distruggere la Prima Repubblica, con annesso pentapartito, per assecondare interessi anche internazionali, cui non erano estranei gli Stati Uniti". Confesso, non sapevo ancora di Berlusconi e del bibliofilo Dell'Utri, ignoravo che frequentassero l'eroe pluriomicida Mangano. Non ero al corrente dei rapporti tra la mafia e la politica.
Come potevo sapere che il numero 1816 della P2 era in realtà Berlusconi? Non avevo ancora conosciuto Marco Travaglio e i suoi libri da 10 tonnellate. Credevo che i presidenti del Consiglio crescessero sotto i cavoli. Ero giovane e inesperto. Mi sono fidato. E ho mangiato, lo ricordo con esattezza, come se fosse ora: bomba di maccheroni, montone con le olive, nasello alla palermitana, babbalucci a picchipacchi, fichi d'india ai lamponi, una cassata e cannoli alla siciliana.
4.2.10
Altro che Morgan shock, altro che Barbareschi sciock: scioccante Beppe Grillo, riscrive la storia d’Italia
Pacificamilano
Non siamo che sudditi. Però la signora sindachessa Letizia Moratti dovrebbe avere almeno il pudore di smetterla di romperci i coglioni col niet alle auto la domenica, se poi permette che uno dei pochi “polmoni verdi” di Milano, creatosi spontaneamente, venga distrutto da un giorno all’altro in nome del Dio Quattrino.
Guardo dalla finestra. Enormi gru, alte centinaia di metri, sinistri uccelli del malaugurio, sono al lavoro da tempo. La cementificazione è in corso, la “Città della Moda” si farà, le torri di trentacinque piani anche. Io spero in
Bin Laden.
Parte dell’articolo del giornalista pensatore e discreto figo Massimo Fini è stata coperta da omissis e comunque è vivamente disapprovata da Teofog anche ove si trattasse nelle non condivisibili intenzioni dell’autore di procedimento letterario metaforico iperbolico allegorico, licenza poetica, di refuso tipografico, di solecismo ortografico o di sabotaggio da parte di terzi. L’emendamento D’Alia incombe.
Eyes wide shut (o il burocrate allegro)
Nel 2023 – in un'ipotesi astratta – la Regione Puglia avrebbe potuto cadere in un crac finanziario. Ma l'ex assessore al Bilancio, Rocco Palese, a quanto pare, non se ne accorge e firma un contratto scritto esclusivamente in lingua inglese. Lingua che non conosce.
Antonio Massari sul Fatto.
Chiaramente Rocco Palese è il candidato alla Regione Puglia per il PDL.
Cose che sembrano barzellette
Sarà l’età che volge al venusto (senza peraltro segni di venerabilità) e a volte mi ricordo storie sentite sulla stampa nazionale anche in risalto che a pensarci col senno di adesso non so. Tipo quando per convincere che Noemi Letizia macché favorita del Berlustano, era una ragazza normale acqua e sapone anche “illibata”, avevan fatto un servizio fotografico comandato con intervista incorporata al suo sedicente moroso, coi genitori di lei, a passi tardi et lenti. Poi non era vero niente; lui era un comparsante di Uomini e Donne, il programma del marito di Costanzo (sulla tele del Presdelcons). Se è normale.
Ferruccio cosa combini (proposta per una prima pagina)
Ma cosa cazzo sta succedendo? De Bortoli ipergarantista antigiustizialista aristocratico della rotativa spara in prima pagina Di Pietro con Contrada prima che venga arrestato per mafia (di poco, ma prima), condito di voci, di forse, di mah.
Sembra il Giornale.
Il popolo azzurro (è cianotico)
iLlegittimo impedimento:
Uno che di diritto ne capisce, l’onorevole Pecorella, ha detto (Corriere della Sera, 3/2) “Spetta solo al popolo decidere chi deve governare e non a qualche magistrato”. Considerazione assolutamente condivisibile. A “qualche magistrato” spetta solo di stabilire se B. è o no un delinquente; poi, se il popolo decide di essere governato da un delinquente, fatti suoi.
Bruno Tinti sul Fatto.
La postdemocrazia è così
Un vero quotidiano liberale
Il Giornale di Feltri (Berlusconi) irride le pigolanti proteste radical chic alla candidatura di Renzo Bossi per le regionali con ingenti dosi di cinico realismo centro-destrorso (italiano, come destrorso, che non è proprio un discorso da Economist, o da FAZ):
Serviva l’ittico erede di leader leghista per capire che «si è sempre figli di qualcuno». Un «figlio di» in America è diventato pure presidente, figuriamoci da noi, dove un cognome significativo può farti saltare pure le code alla posta.
Regionali, figli e politica: tanti prima di Bossi jr - Interni - ilGiornale.it del 04-02-2010.
Avanti così.
A volte ritornano (Alcuni si può star certi che sì)
Dimenticato dalle cronache, dopo la galera nel 2007 e una prima condanna a sei anni per bancarotta, Danilo Coppola è tornato nei suoi uffici di via Morgagni, a Roma. Gli attacchi di claustrofobia sono solo un ricordo, come le pulsioni suicide. Nonostante i 600 milioni di euro di debito verso il fisco, i 40 fallimenti pendenti per altrettante società del Gruppo e l'ormai prossima conclusione dell'inchiesta sulle scalate Bnl e Antonveneta condotta dal pm di Roma Giuseppe Cascini, lo raccontano di nuovo in gran forma. Forte di qualche nuova e antica stampella bancaria ("la Banca Popolare Italiana - spiegano fonti della Procura - lo sta sostenendo nelle procedure concorsuali") è "sempre in viaggio", come tiene a dire la gentile segretaria, nel promettere al telefono che "il Presidente farà senz'altro sapere a Repubblica se e quando potrà rendersi disponibile per un'intervista". Il Presidente, va da sé, non si farà mai vivo. Forse perché anche lui, come Nicoletti [Enrico Nicoletti, storico membro della banda della Magliana], ha qualche buon motivo per preferire il silenzio.
Nelle carte dell'istruttoria della Procura di Roma, si documenta infatti che quelle di Mancini, Nino l'Accattone, proprio fantasie non devono essere. Che i legami tra il "furbetto del quartierino" e Nicoletti, tra le sue fortune e il tesoro della Banda, non sono fuffa. Alla fine degli anni '80, Coppola, agli esordi, presenta come garanzie bancarie cambiali in possesso di uomini che fanno capo alla Banda [della Magliana] (Aldo De Benedittis). Nel 2003, acquista un appartamento che affaccia sulla villa di Nicoletti e in quello stesso anno conclude affari immobiliari con i fratelli Antonio e Nazzareno Ascenzi, legati a filo doppio a Enrico Terribile, cresciuto sotto l'ala della Banda e uomo di Nicoletti (e con lui condannati per associazione a delinquere nel 2008).
Finanza sporca e omicidi torna la Banda della Magliana - Repubblica.it.
3.2.10
Inettopoli
Il filosofo Harry Frankfurt è autore di un divertente libretto intitolato Bullshit, una parola speciale che in inglese si usa per replicare a chi, con una brillante faccia tosta, parla senza sapere, inconsapevolmente o mentendo. Anche in italiano esistono parole equivalenti e altrettanto efficaci, ma ne useremo una che non ci faccia suonare troppo offensivi: balle. Frankfurt sostiene che le balle sono inevitabili ogniqualvolta le circostanze impongano a qualcuno di parlare senza sapere di cosa stia parlando. Quindi la produzione di balle è stimolata ogniqualvolta gli obblighi o le opportunità di parlare su un certo argomento eccedano la conoscenza dei fatti rilevanti. Questa discrepanza è comune nella vita pubblica, dove le persone sono frequentemente costrette – per loro propensione o perché altri glielo richiedono – a parlare in maniera estesa su questioni sulle quali sono in tutto o in parte ignoranti.
(Noisefromamerika).
2.2.10
La legge è uguale per Totti (blocco del traffico)
Chi ha chiamato il numero verde del comune, domenica che c’era lo stop alla circolazione, perché doveva andare a farsi ricoverare per un’operazione, e voleva sapere se andava bene il foglio dell’ospedale si poteva star sereni o se gli davan la multa, gli hanno risposto: Dipende dalla pattuglia che trova. Chiaro no?
Senza perdere l’abiettezza (Che Gueronzi 2a parte)
[…] Per la vendita (o svendita) del patrimonio Federconsorzi, Cesare Geronzi, diventato intanto presidente della Banca di Roma, è comunque prosciolto: nel 2000, “per non aver commesso il fatto”. Già in quel caso aveva accanto Sergio Cragnotti, presidente della Cirio e della Lazio. I due sono cresciuti insieme, tra gli anni Ottanta e i Novanta, Cesare sprofondato negli insondabili divani della Roma che governa, Sergio ben sistemato nella finanza della Milano che paga (era in Montedison). Poi Sergio ha spiccato il volo con Cirio e Cesare non si è mai dimenticato di lui. Quando arriva il crac, anche il banchiere viene coinvolto: le sue banche romane sono diventate Capitalia, ma Capitalia ha collocato con estrema leggerezza – almeno secondo i risparmiatori truffati – i bond di una Cirio in crisi da tempo. Lo stabilirà il processo.
Intanto altri guai arrivano da un altro amico, il romanissimo e fascistissimo Giuseppe Ciarrapico, tanto vicino al “Divo” Andreotti, dunque da sostenere. Fin troppo: è con i finanziamenti di Geronzi che Ciarrapico in pochi anni mette insieme un suo gruppo, Italfin 80, comprando cliniche e acque minerali. I conti? Non buoni, tanto che arriva anche per il Ciarra il momento del crac. Dei 450 miliardi di lire dell’insolvenza, 300 vengono dall’istituto di Geronzi. Ma dal male nasce il bene, perché il Ciarra presenta al banchiere un imprenditore milanese in quel momento un po’ in difficoltà, ma con un grande futuro. È Silvio Berlusconi, che a metà degli anni Novanta nuota in un mare di debiti, tanto che le banche fanno fatica a credere nel futuro del Biscione. Niente paura, Banca di
Roma crede in Fininvest, che, anche grazie ai crediti di Geronzi, nel 1996 riesce a far quotare in Borsa Mediaset: un successo, per Berlusconi una svolta. Gli amici, poi, non si dimenticano.
Gianni Barbacetto sul Fatto.
Ferisce più la penna
Tremonti ha francamente scocciato. Non tanto per quello che fa in qualità di ministro dell’Economia, visto che fa veramente poco, ma soprattutto per quello che dice
Anticipazione da Tremonti: istruzioni per il disuso di Noisefromamerika (FQ).
Italia, 1976-2010
Sergio Marra lavorava a gratis per un’azienda bergamasca. L’altro giorno si è cosparso di benzina per uccidersi, aveva trentasei anni.
L’azienda – la Elgicolor Plast Srl di Ciserano – non gli versava neppure i cedolini paga. Sarebbe stato quindi troppo difficile – se non impossibile – per l’operaio (e per altri tre colleghi) dimostrare che lui, comunque, aveva sempre continuato a lavorare. Solo a novembre aveva deciso di sottoscrivere le dimissioni per giusta causa come gli avevano consigliato alla Cgil di Bergamo. Marra fino al momento della tragica decisione di darsi fuoco in una piazzola lungo la provinciale tra Brembate e Marne di Filago era solo uno dei tanti (sempre di più) lavoratori vittima di proprietari che sfruttano lo sfruttabile. Crisi o no.
Elisabetta Reguitti sul Fatto.
LA FINE DEL LAVORO
La morte del lavoro, per il lavoro. Inghiottiti in una zona grigia di indifferenza, di normalità. Non si vede il fondo. Ecco perché servirebbe un archivio della memoria di queste persone. Nomi, cognomi, storie, desideri. Scopriremo qualcosa che ci è passata davanti. Biografie, famiglie, vite cancellate per sempre. Inutili. Come rischiano di diventare i gesti estremi di protesta e disperazione, buttarsi da un ponte o cospargersi di benzina e darsi fuoco. Pura dimostrazione di impotenza. Il sacrificio di Jan Palach alla fine è servito. Qui non sembra esserci sbocco, futuro. Chi si ricorda più della maxi-ristrutturazione della Fiat degli anni ‘80, di quelle migliaia di lavoratori messi in cassa integrazione? Molti suicidi tra quegli operai a cui era stata tolta la ragione di una vita. Ma chi se li ricorda? Sono serviti al risanamento dell’azienda, a una nuova competitività. La fabbrica “ringrazia”. Stop. Tutto passa, inutile. […]
Mimmo Calopresti sul Fatto.
Quante ore di trasmissioni illazioni iterazioni sproloqui su banali delitti; al massimo una breve se un operaio bergamasco o una madre tunisina si bruciano vivi, o una dipendente a titolo gratuito a un certo punto (visto a Annozero non trovo un link) va in ufficio con un coltello, alla disperata; certo son storie che parlano da sole piene di storia; se lo fanno da sole perché aiutarle.