Eversione, for dummies
Geniale sul Fatto Quotidiano di ieri 23.06.
Fatto Quotidiano, p. 14.
La prima parola del titolo che vedete qui sopra è un verbo. Tu sei meno. Vuol dire che mentre studiavi o lavoravi, e – alcuni più di altri – davi il meglio di te stesso per essere pronto o per essere all'altezza o per essere più bravo, avveniva uno strano fenomeno di cui manca la spiegazione: tutto diventava più piccolo. Il tuo valore, il tuo peso, l'utilità di ciò che sai fare, la paga, il desiderio o la necessità di averti in un certo posto o mansione. “Dobbiamo rispondere alle sfide di un mondo globalizzato”, ti dicono. Il mondo globalizzato chiede sempre un'altra cosa, che non è quella che le persone, per l'esperienza fatta o il corso di studi e di specializzazione, sono in grado di offrire. Come nella messa in scena di un testo o di una partitura soggetti a diverse interpretazioni, c'è da aspettarsi una serie abbastanza vasta di alternative.
In its short life as a nation Italy has already rebuilt itself several times. For the past few decades, though, it has been living on the afterglow of an economic miracle that came to an end in the 1970s. It could continue like this more or less indefinitely, steadily growing poorer and older but still managing quite comfortably. For the moment this seems the most likely thing to happen. But the country is overdue another reawakening like the one that led to unification 150 years ago.
The Economist.
Marco Follini e Mauro Agostini sul Fatto Quotidiano.
Fin tanto che un deputato o un senatore si divide, e divide il suo tempo, tra attività diverse il sacrosanto principio che esclude il cumulo degli incarichi resta un'astrazione. Chi fa il presidente di Provincia cita il caso del medico o dell'avvocato, chi fa l'imprenditore cita il caso del sindaco, e via cumulando. È una matassa straordinariamente ingarbugliata, un insieme di fili che rimandano alla mille situazioni con cui confina l'attività parlamentare. È quel confine che appunto va rivisitato, chiarito, definito con maggiore rigore civico, garantendo anche così un proficuo e virtuoso circuito tra società politica e società civile. Dal nostro punto di vista si tratta di un nodo che andrebbe tagliato alla radice restituendo all'attività parlamentare il suo carattere esclusivo e assorbente. Per questo nei giorni scorsi abbiamo depositato un disegno di legge costituzionale che esclude tassativamente per i parlamentari la possibilità di svolgere altre attività e di disporre di altri redditi professionali che non siano l'indennità legata al dovere di rappresentanza.
Si tratta di cancellare dalla mappa politica ogni traccia di confusione tra il ruolo di deputato e senatore e quel complesso di attività, interessi e consuetudini che ognuno di noi si porta dietro dalla sua vita di prima, e magari dalla vita che ci attende a fine mandato. E soprattutto si tratta di fissare un principio: chi ha la fortuna e la responsabilità di rappresentare i cittadini deve dedicarsi, finché dura il suo mandato, a quel compito e solo ad esso. Senza distrazioni di sorta, senza complicità, in modo – verrebbe da dire – quasi monacale. In quello che resta di questa legislatura sappiamo bene che è poco realistico pensare di tradurre in legge dello Stato un simile principio. Ma restiamo convinti che solo l'adesione a quel principio garantirà prima o poi ai cittadini di disporre in Parlamento di rappresentanti giusti o sbagliati, bravi o meno bravi, ma rigorosamente ed esclusivamente dedicati ai propri compiti istituzionali. Il superamento del plebiscitarismo, a nostro giudizio, passa inesorabilmente anche di lì.
Questa storia che gli italiani stiano diventando poveri, di una povertà insopportabile, mi convince fino a un certo punto. Nei '50, a parte una sottile striscia di alta borghesia che si guardava bene dall’ostentare, eravamo tutti più poveri della media di coloro che oggi sono considerati tali. Certo, avevamo molte meno esigenze. I bambini non venivano iscritti ai corsi di tennis, di nuoto, di danza. Noi ragazzini giocavamo a pallone nei terrain vague dove anche ci scazzottavamo allegramente (era la nostra “educazione sentimentale”) e tornavamo a casa la sera con le ginocchia nere e sbucciate (chi mai riesce, oggi, a vedere un bambino, vestito col suo paltoncino, come un cane di lusso, con le ginocchia sbucciate?).
Miracoli della filosofia marchionniana. Ci avevano spiegato che la Lancia Ypsilon, pro-dotta in Sicilia a Termini Imerese, aveva un sovraccosto insostenibile di 800 euro a esemplare perché doveva poi essere "trasportata in Italia". Interessante: perché i motori della "nuova" Fiat Freemont, invece, fanno questo simpatico viaggetto nel mondo globalizzato: partono in camion dagli stabilimenti Fiat di Avellino, arrivano a Genova, prendono un cargo, arrivano fino a Veracruz, in Messico, di nuovo salgono sul camion e arrivano fino alla fabbrica Chrysler di Toluca. finito? Macché: a Toluca vengono impiantati su una carrozzeria montata con mano d'opera a 12 euro l'ora, poi di nuovo a Veracruz, poi di nuovo a Genova, e poi dai concessionari Fiat direttamente a casa vostra per la modica cifra di 25 mila e 700 euro (24.900 in offerta).
Luca Telese, Altro che Duna, FQ, p. 10.
Quanto al clitico “el” all’inizio del titolo, noto con sconcerto che il titolo originale del pezzo non lo reca, sebbene secondo la mia sensibilità di parlante c’andrebbe. Comunque.
Difficile trovare le parole. Si può solo pensare ai cittadini che hanno votato per questa amministrazione, al vicesindaco, e cercare in fondo al cuore la simpatia e compassione umana che sembrerebbe di non avere. Per gli uni e per gli altri.
Qui parliamo di problemi veramente seri di un Paese che deve essere riformato. Se io fossi al suo posto non dormirei la notte. Ma non per le troie. Non dormirei per la situazione che c’è in Italia. (…) Poi la gente comincia veramente a tirare le monete.
E che gli euri, o i cinquanta centesimi non sono come le cinquanta lire. Se li tiri forte lascian segni.
Nella classifica dei programmi più visti nel 2011, tra i primi venti posti, soltanto tre volte c’è Mediaset: due Striscia la Notizia e un puntata del filmetto Come un delfino con Raul Bova. Tre su venti. Il distacco di ascolti con la Rai è cresciuto l’anno scorso come non mai. Anche se il Biscione ha più pubblicità di viale Mazzini, il servizio pubblico vince sempre con la concorrenza.
Con la probabile mazzata del Lodo Mondadori e l’ancora più probabile riduzione dei costi , sarà complicato per Mediaset riprendere la corsa sulle televisioni di Stato.
L’unica speranza è che la Rai, perso il direttore generale Mauro Masi, sia così sciagurata da farsi del male. E sul masochismo sfrenato a viale Mazzini sono abbastanza esperti.
Carlo Tecce, FQ, p. 20.
Distruggere la RAI, la scuola di italiano degli italiani, perché Berlusconi guadagni, guadagni sempre più per potersi permettere nuove feste, nuove ville, evasioni spensierate e evasioni fiscali.
Che bello vivere in Italia.
di Marco Lillo – FQ, p. 9.
Non è stato un caso la presenza di Renato Brunetta ad Annozero. Proprio il ministro della Funzione pubblica, secondo quello che dicono i collaboratori di Silvio Berlusconi, potrebbe essere il cavallo sul quale punta il Cavaliere per sostituire Giulio Tremonti. Brunetta si è impegnato al massimo per non deludere il premier ma l’esito non è stato dei migliori. Inutilmente aggressivo, Brunetta è riuscito a trattare da fannulloni persino gli impiegati amministrativi del Palazzo di giustizia di Milano, i quali lo hanno serenamente ridicolizzato ricordandogli che non hanno nemmeno uno scanner e che un’ispezione ministeriale durata sei mesi ne aveva certificato l’efficienza fuori dal comune.
Over the years, he has been tried more than a dozen times for fraud, false accounting or bribery. His defenders claim that he has never been convicted, but this is untrue. Several cases have seen convictions, only for them to be set aside because the convoluted proceedings led to trials being timed out by a statute of limitations—at least twice because Mr Berlusconi himself changed the law. That was why this newspaper argued in April 2001 that he was unfit to lead Italy.
We have seen no reason to change that verdict. But it is now clear that neither the dodgy sex nor the dubious business history should be the main reason for Italians looking back on Mr Berlusconi as a disastrous, even malign, failure. Worst by far has been a third defect: his total disregard for the economic condition of his country.
Non bisogna avere timore - ha affermato - di impegnarsi per un'altra persona. Care famiglie, gioite per la paternità e la maternità. L'apertura alla vita è segno di apertura al futuro, di fiducia nel futuro.
In Croazia.
Incombe una manovra da 10 milioni di euro (più 30 a settembre!).
Luca Telese, D’Alema e il richiamo della foresta, FQ, p. 1.
La manovra da 10 milioni di euro è un bello spauracchio, ma con una pesca di beneficienza ce la si può cavare. Già se sono dieci (più trenta, quaranta) miliardi; quelli sì fan male.
C’è un nuovo dirigente superiore della polizia di Stato, cioè un questore che vigilerà sulla sicurezza dei cittadini italiani. Si chiama Spartaco Mortola, meglio noto come ex capo della Digos di Genova, condannato in appello a 3 anni e 8 mesi per aver coperto i sanguinosi pestaggi alla scuola Diaz durante il G8 e a 1 anno e 2 mesi per induzione alla falsa testimonianza.
Roberta Zunini, Condannato per la Diaz diventa questore, FQ, p. 9.
Barack Obama, che è già in campagna elettorale per le presidenziali del prossimo anno, non vedeva l'ora di dimostrare che i soldi pubblici investiti per salvare l'industria dell'auto stanno tornando al mittente a tempo di record. Con buona pace dell'opposizione repubblicana che continua a dipingerlo come un pericoloso socialista. Sergio Marchionne, da parte sua, aveva fretta di conquistare la quota di maggioranza di una Chrysler in grande rimonta per integrarla e magari fonderla il prima possibile con la Fiat che invece stenta. Risultato: il presidente e il supermanager si sono incontrati ieri a Toledo, nell'Ohio, per concludere quello che per entrambi ha l'aria di un grande affare.
In spite of the increasing evidence that current policies are not achieving their objectives, most policymaking bodies at the national and international level have tended to avoid open scrutiny or debate on alternatives.
This lack of leadership on drug policy has prompted the establishment of our Commission, and leads us to our view that the time is now right for a serious, comprehensive and wide-ranging review of strategies to respond to the drug phenomenon. The starting point for this review is the recognition of the global drug problem as a set of interlinked health and social challenges to be managed, rather than a war to be won.
Quello che ci aspetta nei prossimi due anni lo conosciamo già. Lo abbiamo visto tante volte nella vita politica e intellettuale italiana. I roditori che diciassette anni fa erano saliti sul rutilante Rex che doveva portare l'Italia verso non si sa quali meravigliosi lidi, dopo averne saccheggiato le stive abbandoneranno la nave che sta per affondare. No, non si butteranno in mare. Il coraggio del suicidio, nemmeno quello politico, non gli appartiene. Non sono sorci, son uomini. Prima che la nave vada sotto la linea di galleggiamento armeranno scialuppe di salvataggio, protenderanno passerelle, lanceranno gomene verso quella dei probabili vincitori. Fuor di metafora sarà uno smottamento lento, graduale, prudente (non si sa mai), la sagra dell' “io l'avevo detto” (vedi, per tutti, il fondo di Galli della Loggia sul Corriere di venerdì) per potersi trovare, al momento opportuno, se non fra i vincitori almeno nelle loro immediate vicinanze. E saranno accolti come il “figliol prodigo”. Non per carità cristiana, ma perché la classe dirigente italiana è un sistema di oligarchie il cui obbiettivo primario è la propria autoconservazione.
In ritardo anche sui tempi del tanto vituperato (v. sotto) servizio pubblico, anche Teofog tira la volata alle attese consultazioni referendarie 2011, conscio e responsabile, da buon think-tank conservatore, sapendo che, essendo la gente zotica e vil, tanto non si arriverà al quorum. Venticinque milioni trecentotrentaduemila quattrocento ottantasette cittadini alle urne, a gratis? Non in Italia.
La Rai è lenta con chi irrita il Cavaliere , ma è efficiente e velocissima con chi è un suo amico: il triennale di Giuliano Ferrara per Qui Radio Londra, il programma di Vittorio Sgarbi, costato milioni di euro e chiuso il giorno dopo il debutto. La Rai sfianca i suoi gioielli e li spinge verso l'uscita, gioca al ribasso, sempre di più, sino a snervarli. Ma la Rai è talmente un paradosso che la maggioranza in Cda oscilla seguendo il sali e scendi del governo: un giorno la leghista Bianchi Clerici è presente e un giorno il tremontiano Petroni è assente, un giorno l'ex finiano Rositani è berlusconiano, e domani chissà. Il direttore generale Lei scrive e riscrive il pacchetto nomine, ben 35 poltrone da distribuire un po' per necessità (il Tg2 ha l'interim) e un po' per strategia. Vuole rifare la struttura di viale Mazzini, creare una mega-direzione intrattenimento per controllare gli spifferi che in Rai sono tradizione. E l'ultima follia di una televisione pubblica incatenata al potere è che con l'ex direttore generale Masi, nonostante il suo (vano) tentativo di normalizzare, la Rai ha strapazzato Mediaset negli ascolti con numeri che mancavano dal '99. Il messaggio è chiaro: nevermore. Mai più.
Carlo Tecce, Fanno ascolti ma sono sgraditi, FQ, p. 6.
Cosa si può dire. Che Santoro e Gabanelli piangono il morto per prendere di più? Va bene. Anche Fazio. Tutti. Cioè Floris no, Floris non gli chiudono il contratto perché Sballarò è inguardabile, questo siamo d’accordo. Ma se anche fosse, tutto il resto, le pressioni, gli ostacoli, l’impegno parlamentare, sono o non sono una manifestazione di obiettiva volontà censoria da parte del primo concorrente della RAI? Siamo onesti. Ed è una censura che si esplica con il danneggiamento, il saccheggio e l’impoverimento della principale azienda culturale pubblica della storia del Paese. La razzia di un bene pubblico per fini privati.
LETTERA DALL’ESILIO di Flavia Perina (FQ, p. 20)
Caro direttore, “Il Fatto” è stato uno dei pochissimi giornali (forse il solo) che non ha dato troppo credito e spazio all'idea che il risultato dei ballottaggi avrebbe provocato la decomposizione rapida del Pdl, e non posso che congratularmi per la lungimiranza. La rottamazione del Pdl è effettivamente cominciata, ma a determinarla è il suo leader, Silvio Berlusconi, che in tre ore di riunione si è liberato dei triumviri, ha nominato al loro posto il più fedele dei suoi fedelissimi, ha aperto la stanza dei bottoni al “club dei quarantenni” e ha indicato la via del pensionamento ai Verdini, ai La Russa, ai Bondi e all'intera classe dirigente abitualmente associata al suo nome.
GLI HANNO stretto la mano dirigenti e impiegati, i vigili hanno indossato le divise buone e accennato il saluto militare, il cerimoniale si è raccomandato che almeno per qualche giorno il ragazzo del bar che a ciclo continuo porta su caffè, brioches, pizzette e arancine, si prenda una pausa.
Saremo anche antichi come quello che si fa registrare Santoro in cassetta, ma quando apriamo internet sul cellulare in pausa, e siam curiosi di astrarci tre minuti dall’ambaradan circostante, e vediamo un titolo che promette crudi retroscena e sapide analisi, e c’andiam sopra, per scoprire che bisogna esser abbonati, massimo 2 euri a settimana, se sei già abbonato - connettiti, noi, che già paghiamo il nostro tanto, per avere internet, e che possiamo vedere il giornale con tutti i suoi begli articoli dal computer, ma dal telefono no, signori di Repubblica.it mobile, come dovremmo sentirci secondo voi?
Che cambiamo homepage, avidi bastardi.
L’ultima bugia le sfugge uscendo dal Comune. “Lascio un bilancio con un saldo positivo di 48 milioni tra entrate e investimenti”. Sarà stata l'emozione, le lacrime versate poco prima commuovendosi mentre salutava i dipendenti, o forse la necessità di attribuirsi qualche merito dopo 5 anni da primo cittadino, ma Letizia Moratti ha toccato l'argomento sbagliato nel giorno in cui il Sole 24 Ore ha stimato in 500 milioni il disavanzo nella parte di spesa corrente per il 2012. Giuliano Pisapia ha lasciato correre, promettendo (dopo molte insistenze da parte dei giornalisti) che farà esaminare il bilancio. Ha mostrato indifferenza anche alle polemiche del Pd sui toni usati da Nichi Vendola lunedì sera in piazza del Duomo.
Davide Vecchi, Staffetta a Palazzo Marino, FQ, p. 8.
Poi, fra due settimane, quando arriverà la manovra e comincerà a essere chiaro chi pagherà il prezzo del risanamento, se ci saranno i tipici tagli con l’accetta di Tremonti o le misure mirate chieste dalla Banca d’Italia, cambierà lo scenario. E Berlusconi e Bossi avranno problemi ben più seri che cercare un modo per sfogare la frustrazione dovuta al tracollo elettorale. A quel punto, che Tremonti sia ancora considerato il capro espiatorio della sconfitta assieme a Letizia Moratti, sarà irrilevante. Perché con tagli da 40 miliardi si perdono di sicuro anche le elezioni politiche.
Stefano Feltri, Sulle tasse Tremonti non cederà di un centimetro, FQ, p. 5.
“Avessi candidato Mara Carfagna avremmo vinto, ma non volevo consegnarla alla camorra”, dice Berlusconi. Come se la candidatura di Gianni Lettieri fosse invece gradita a certi ambienti.
Enrico Fierro, La Napoli sconfitta, FQ, p. 10.
Frase vera, eh.