2.6.10

La tensione delle strategie

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“Le stragi mafiose del ‘93 erano tese a causare disordine per dare la possibilità ad una entità esterna di proporsi come soluzione per poter riprendere in pugno l’intera situazione economica, politica, sociale che veniva dalle macerie di Tangentopoli.”

Sandra Amurri, LO STATO SAPEVA TUTTO, FQ, p. 2.

Ho visto la luce. Oggi, giugno duemiladieci, capisco cosa significava veramente questo dire che le bombe sul continente non erano di mafia; adesso all’improvviso vedo il rettilineo che unisce Piazza Fontana, Piazza della Loggia, e Via dei Georgofili, San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, il passato remoto all’altroieri di questa repubblica. Fa impressione.

Se non altro perché negli anni ‘60-‘70 e ‘92-‘93 c’è stato qualcuno, e magari c’è ancora, che poteva credere che il popolo italiano si sarebbe sollevato iracondo e fatale per scuotersi di dosso lo strato di parassiti che da sempre allignano sul suo corpo martoriato e inguardabile, succhiandogli il sangue e ottundendone i sensi.

Audace.

Mi sa che in tutte le strategie della tensione, la tensione ce l’avevano più che altro gli strateghi, che il pueblo anche con meno effetti pirotecnici stava uguale tranquillo a ruminare.