Non so se qualcuno abbia già avuto la petulanza e la sciatteria di farlo notare; in caso ci penso io. In questi giorni di inattese evocazioni di lacrime e sangue dei tempi andati, mentre dalle fogne della storia affiora alla chetichella qualche piccolo escremento della Gran Merda che gelosamente custodiscono, proprio di quegli stessi anni, di quegli gli anni che una notte il Presidente del Consiglio temette il golpe, che dal nulla, dalla notte al giorno, saltò fuori un partito, che domina da allora in lungo e in largo questa sfortunata penisola, ecco – in questo momento si vota una legge che di fatto abolisce le intercettazioni nelle indagini e limita la possibilità di pubblicare gli atti di indagine sui giornali. Forse per riassunto. Ma delle due cose, intercettazioni e atti d’indagine, la più importante, qual è?
Forse imbavagliare la stampa libera che rivelando gli affaracci e le trame di un potere neofeudale arrogante e buzzicone può danneggiare l’immagine del Presidente del Consiglio e dei suoi accoliti, compromettendo il loro futuro, come sembra credere chi mette su le fotine sgranate col post-it in bocca? La parte sulla pubblicazione degli atti è il fulcro di questa legge? Mah. Ammesso che un settantatreenne pensi al futuro come lo possiamo intendere noi, uno che ha più di tre televisioni (un presidente del consiglio con tre televisioni, a volte fa effetto) si può preoccupare della sua immagine?
Non credo sia un suo problema.
Non penso gli serva il “bavaglio”.
Penso sia un contorno. Più che altro per far cagnara. Una trave nell’occhio di chi porge sempre l’altra guancia, per non parlare del punto centrale. Cioè questa legge impedisce sostanzialmente di fare efficacemente intercettazioni telefoniche e ambientali, e poi di acquisirle, e poi di usarle, insieme ai tabulati, le cose che regolarmente si usano nelle indagini contro i delinquenti. I cattivi. Per non farli andare dentro. Si è già detto. Quello che non ho ancora letto più che altro perché non avevo tempo di scriverlo, è che per me qui ed ora, Italia anno di(s)grazia 2010, nel regno stregato di un signore brianzolo arrivato inspiegabilmente in alto, i nodi alla fine stanno venendo al pettine; non del signore brianzolo, che usa il rullo compressore, ma in genere.
Oggi, Italia 2010, Silvio Berlusconi non è costretto a promuovere una legge che sinceramente a lui, non gli cambia niente, certo non va in galera adesso, né gli levano un euro, né la sua immagine potrà soffrire alcunché, se non l’ha fatto fino a adesso; Silvio Berlusconi da Milano, oggi, deve onorare probabilmente un impegno preso molti anni fa, con gente che fa proposte che non si possono rifiutare, gente che gli è stata attorno, un po’ bodyguard e un po’ sgherro, in questi anni, e che l’ha portato dov’è, e ha aspettato fino a adesso facendo passar segnali obliqui, con pazienza. Ma adesso la gente che aspetta sa che Silvio Berlusconi da Milano non durerà molto. E vuole che paghi il suo conto prima di passare dal via.
Oggi la mafia chiede il conto al Presidente del Consiglio dei Ministri di un paese nato centocinquant’anni fa come regno, vissuto più di mezzo secolo, nei sogni di alcuni, come Repubblica, e che aspetta di nascere come Democrazia.