Non solo sull’acqua
La Rai è lenta con chi irrita il Cavaliere , ma è efficiente e velocissima con chi è un suo amico: il triennale di Giuliano Ferrara per Qui Radio Londra, il programma di Vittorio Sgarbi, costato milioni di euro e chiuso il giorno dopo il debutto. La Rai sfianca i suoi gioielli e li spinge verso l'uscita, gioca al ribasso, sempre di più, sino a snervarli. Ma la Rai è talmente un paradosso che la maggioranza in Cda oscilla seguendo il sali e scendi del governo: un giorno la leghista Bianchi Clerici è presente e un giorno il tremontiano Petroni è assente, un giorno l'ex finiano Rositani è berlusconiano, e domani chissà. Il direttore generale Lei scrive e riscrive il pacchetto nomine, ben 35 poltrone da distribuire un po' per necessità (il Tg2 ha l'interim) e un po' per strategia. Vuole rifare la struttura di viale Mazzini, creare una mega-direzione intrattenimento per controllare gli spifferi che in Rai sono tradizione. E l'ultima follia di una televisione pubblica incatenata al potere è che con l'ex direttore generale Masi, nonostante il suo (vano) tentativo di normalizzare, la Rai ha strapazzato Mediaset negli ascolti con numeri che mancavano dal '99. Il messaggio è chiaro: nevermore. Mai più.
Carlo Tecce, Fanno ascolti ma sono sgraditi, FQ, p. 6.
Cosa si può dire. Che Santoro e Gabanelli piangono il morto per prendere di più? Va bene. Anche Fazio. Tutti. Cioè Floris no, Floris non gli chiudono il contratto perché Sballarò è inguardabile, questo siamo d’accordo. Ma se anche fosse, tutto il resto, le pressioni, gli ostacoli, l’impegno parlamentare, sono o non sono una manifestazione di obiettiva volontà censoria da parte del primo concorrente della RAI? Siamo onesti. Ed è una censura che si esplica con il danneggiamento, il saccheggio e l’impoverimento della principale azienda culturale pubblica della storia del Paese. La razzia di un bene pubblico per fini privati.