Il mio lavoro [...] consisteva nel fare previsioni sugli effetti di investimenti miliardari in un determinato paese. [...] Se mi veniva comunicato che al paese era stata offerta l'opportunità di ricevere una moderna rete di distribuzione dell'energia elettrica, avrei dovuto dimostrare che quella rete avrebbe portato a una crescita economica sufficiente a giustificare il prestito. Il fattore critico, in ogni situazione, era il prodotto interno lordo. Vinceva il progetto che avrebbe portato alla media più alta di crescita annua del PIL. [...]
Di ognuno di questi progetti, l'aspetto che passava sotto silenzio era che si prefiggevano di creare alti profitti per gli appaltatori e far felici un pugno di ricche e influenti famiglie dei paesi destinatari, assicurando al tempo stesso la dipendenza finanziaria a lungo termine e quindi la lealtà politica di governi in tutto il mondo. Più ingente era il prestito, meglio era. Il fatto che il peso del debito di cui il paese si faceva carico avrebbe privato i suoi cittadini più poveri della sanità, dell'istruzione e di altri servizi sociali per i decenni a venire non era preso in considerazione.
J. Perkins,
Confessioni di un sicario dell'economia, Minimumfax, Ro 2010, pp. 48-49.