Dietro lo psicodramma di Lisbona si nasconde una sorta di secondo “colpo di Stato” dei banchieri europei ai danni dei Paesi più deboli. In Irlanda l’ex primo ministro aveva accettato misure draconiane imposte dall’Europa pur di salvare le banche private e i crediti che verso di esse vantavano gli istituti finanziari di Germania, Francia e Inghilterra. In Portogallo sono state le stesse banche lusitane a mettere il governo con le spalle al muro. Durante un’infuocata riunione tenutasi mercoledì presso la Banca centrale portoghese, i banchieri hanno minacciato di non comprare più titoli di Stato della propria nazione se non fossero stati richiesti gli aiuti europei, aiuti che serviranno a ripagare i crediti da loro vantati verso il governo e soprattutto a garantire i pagamenti che le stesse banche devono fare ai loro omologhi europei.
In altri tempi una riunione di questo tipo sarebbe finita con la traduzione in carcere dei banchieri per attentato all’economia nazionale, ma in questo Portogallo e in questa Europa chi comanda sono loro. Sono loro a decidere quando e come un Paese deve chiedere gli aiuti, come li deve usare e quali creditori deve pagare per primi. Sono loro sempre presenti, ufficialmente fuori dalla porta, alle riunioni della commissione europea o ai Consigli dei ministri di mezza Europa, sono loro che entrano ed escono da governi e Banche centrali usando le porte girevoli concesse da una lasca regolamentazione in materia. I casi irlandese e portoghese sono l’ennesima riprova che i maggiori responsabili delle catastrofi finanziarie in corso sono anche i beneficiari dei finti salvataggi della politica. Chi ha invece perso lavoro, casa, benessere, status sarà chiamato a ripianare i buchi e a pagare i grossi creditori che hanno speculato sulla bolla e sulle difficoltà finanziarie. Grecia, Irlanda e Portogallo non eviteranno la ristrutturazione del proprio debito pubblico ma, grazie agli aiuti europei, lo faranno quando sarà troppo tardi quando la banda delle grosse banche sarà scappata con il bottino. E allora nessuno sottoscriverà più i titoli di Stato di quei Paesi che, nel frattempo, saranno sprofondati nella più dura recessione economica della loro storia recente.
Superbonus, Le banche dietro il dramma, FQ, p. 9.