2.1.13

Quando Schifani e gli altri la deridevano con i pannoloni

di Furio Colombo (FQ, p. 18)

Ogni volta che passavo di fronte al suo banco – le poche volte che si poteva lasciare l’Aula – lei, seduta davanti, alzava la mano e io la tenevo per un istante. Lei diceva il mio nome, io il suo, come quando si fa il ‘cinque’ americano. Quelli erano i tempi in cui entrambi eravamo al Senato, lei senatore a vita, io appena eletto, e avevamo la maggioranza di uno. A volte, senza il voto dei senatori a vita, saremmo andati sotto e il governo Prodi sarebbe caduto molto prima. Lei, Rita Levi Montalcini, perseguitata razziale, Premio Nobel per la Medicina, celebre e apprezzata nel mondo, era sempre presente, giorno e notte. A quel tempo l’opposizione berlusconiana guidata dal frenetico capo gruppo Schifani (stessa persona, ma niente a che fare con il cerimonioso presidente del Senato appena disciolto) era violenta e rabbiosa. Di giorno impediva il lavoro con urla e insulti, e in tal modo forzava la prosecuzione notturna. Speravano nel crollo e nell’assenza di persone che sembravano fragili. Ma dello sguardo fermo e attento di Rita Levi Montalcini non si sono liberati mai, neppure alle due di notte. E forse proprio la sua compostezza, tranquilla e un po’ ironica, scatenava, tra i nostri illustri oppositori di Forza Italia, di An, della Lega un incontrollato furore.     

Prendete l’elenco dei senatori di Berlusconi negli anni 2006-2008. Adesso quasi ognuno di loro vorrebbe essere rieletto con un pedigree da statista. Allora, parliamo di tempi non lontani, nessuno si è sottratto o dissociato dallo scherno, dal disprezzo, dalla esibizione di stampelle portate in Aula, dallo sventolio di pannoloni, mostrati, di notte, le poche volte che la senatrice si alzava per uscire dall’Aula. Era il loro modo (troppo poco narrato dai giornali, mai visto in Tv, mai diventato argomento dei grandi commentatori) di fare politica.     

CERTO la rabbia di questa gente cresceva di fronte alla serenità impenetrabile e invalicabile di quella donna tranquilla. È bene ricordare che proprio in quegli anni, proprio in Senato, proprio intorno a quella signora italiana perseguitata da leggi italiane e costretta alla clandestinità perché ebrea, proprio mentre il Senato aveva, con Franco Marini, il suo presidente più dignitoso e mite di questa seconda Repubblica, l’orda di Berlusconi e dei suoi associati (detti, nei vari talk-show, gruppi di opposizione al Senato) si è dedicata alla dimostrazione più clamorosa di gesti, fatti, parole, che avrebbero dovuto dire subito al Paese che non si trattava di politica ma di comportamenti indecorosi in luogo pubblico, comportamenti che hanno trasformato il Senato nel luogo più malfamato della Repubblica. Non hanno mai potuto ferire o sfiorare la tranquilla scienziata che li osservava con silenzioso compatimento. Ma hanno ferito a morte le Istituzioni che, diciamolo, finché è durato il padrone e pagatore di quelle squadracce (tiravano i pesanti libri del regolamento contro il presidente del Senato, facevano pipì in Aula) non ha mai recuperato la fiducia dei cittadini e lo sguardo rispettoso del mondo. Chi? Domanderete di nuovo visto che quasi tutti vorrebbero essere rieletti. Rispondo di nuovo: tutti. Infatti – come si è detto – anche nei momenti più indecenti nessuno si è tirato indietro. E Schifani, che allora ordinava e coordinava, a nome di Berlusconi, i tre gruppi di opposizione in Aula, a Rita Levi Montalcini, per quei giorni non ha mai chiesto scusa. Solo dopo aver ricordato queste cose, solo dopo aver messo a posto questi pezzi della squallida storia dell’Italia sotto Berlusconi, solo a questo punto l’ultimo tributo a Rita Levi Montalcini è vero e completo.