COSÌ, SE IL PARLAMENTO approva la riforma a maggioranza semplice, si va al referendum; che, trattandosi di leggi costituzionali, non richiede il quorum. In altri termini, non è necessario che il 51 per cento degli elettori vada a votare; se ci vanno anche solo in 1000, il referendum è valido. Il fatto è che questo referendum è molto tecnico e i quesiti saranno molto complicati; per dire, a Santanchè, Gasparri e gente come loro toccherà spiegarli per bene. Anche la stragrande maggioranza dei cittadini non ci capirà niente, non si renderà conto che il tutto serve per evitare la prigione a B&C, che dunque è una cosa importantissima e che si deve proprio andare a votare. Certo, Tv e giornali di B&C dispiegheranno tutta la loro potenza di fuoco; ma, ecco la mancanza di un partito vecchio stile, radicato sul territorio, con le sezioni, gli iscritti, la passione e l’ideologia, per intenderci una cosa tipo Pci: il ministero della propaganda potrebbe non essere sufficiente; e i cittadini andranno comunque al mare. Non tutti però: quelli che capiscono, loro a votare ci andranno; e la gente (gente, con buona pace di Gasparri, non è parola offensiva o minacciosa) che capisce assicurerà alla riforma epocale di B&C la fine che merita. Così come è successo per gli altri referendum sulla Costituzione (2001 e 2006): perché il ministero della Propaganda lavorerà pure al massimo; ma le cazzate restano cazzate.
Sarà istruttivo constatare come la stessa gente che non ha voluto l’election day per il referendum sul legittimo impedimento (costo aggiuntivo: 300 milioni circa) si dannerà per trovare un qualche accorpamento del referendum sulla riforma epocale con altre elezioni. Al solo fine, si capisce, di imbarcare tutti quelli che, senza capire, straparlano e votano.
Bruno Tinti, Per fortuna la Costituzione c’è, FQ, p. 14.